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Sifilide: lo scandaloso marchio del peccato

Archeologia Viva n. 135 – maggio/giugno 2009
pp.  66-69

di Mauro Rubini

Solo l’HIV negli ultimi decenni ha forse superato la fama della lue come malattia simbolo della punizione del vizio ma per molti secoli è stata la sifilide a minare la vita di ricchi e poveri al pari di una peste endemica

La sessualità appartiene alla sfera dei comportamenti più complessi dell’uomo, unico animale in grado di accoppiarsi ventralmente e capace, al pari di un solo altro primate, il pan paniscus o bonobo, di strategie sessuali non finalizzate esclusivamente alla riproduzione.

Andando indietro nel tempo possiamo solo ipotizzare i comportamenti sessuali dei nostri più remoti antenati, quali homo abilis, erectus, neanderthalensis, i primi sapiens… Pensiamo al loro modus vivendi, legato a spostamenti continui, alla stagionalità e a un conseguente “controllo” delle nascite: le bande con troppi piccoli sarebbero state lente e impacciate negli spostamenti al seguito della selvaggina e la caccia, da cui dipendeva la sopravvivenza del gruppo, non avrebbe dato buon esito. Si stima che una femmina partorisse ogni quattro o cinque anni, quando il figlio precedente era in grado di alimentarsi e di seguire gli altri.

Tale supposto rigore demografico porterebbe a una duplice ipotesi: astinenza o sesso non procreativo. Comunque per tutti, uomini e donne, la serie quotidiana di attività connesse alla sopravvivenza non lasciava molto spazio agli impulsi sessuali. In seguito, l’avvento di modelli economici stanziali favorì il miglioramento delle condizioni di vita, con un ovvio riflesso anche sulla sfera sessuale.

Espressioni di erotismo ci sono note fin dagli albori delle civiltà strutturate, ma i Greci furono dei veri maestri in quest’”arte”, rappresentandola, descrivendola e cantandola, seguiti da Etruschi e Romani.

Durante il Medioevo, date le ricorrenti crisi demografiche per epidemie e carestie, si ridussero le pratiche sessuali non procreative allo scopo di arginare l’elevatissima mortalità con un incremento di nascite e ridurre, laddove era possibile (e noto), il rischio di contagi epidemiologici. […]