Altopiano del Carso: invito alla Grotta Nera Insieme per l'archeologia

Altopiano del Carso: invito alla Grotta Nera

Archeologia Viva n. 135 – maggio/giugno 2009
pp. 62-65

di Giovanni Boschian, Marta Colombo, Annachiara Galotta, Marco Serradimigni e Marco Usala

Per iniziativa di un’associazione di volontari questo antro naturale vicino a Trieste è diventato una spettacolare aula didattica per capire le fasi della preistoria sul Carso

È possibile che una grotta si trasformi in un cannone? La risposta è sì ma la domanda, di per sé strana, lo è ancor di più se si cerca il nesso con l’archeologia. Per comprenderla è necessario raccontare la storia della Grotta Nera.

Questa piccola cavità si trova presso Basovizza, sul Carso a pochi chilometri da Trieste, ed era chiamata Grotta dei Lebbrosi perché si credeva che un tempo vi fossero confinati gli ammalati di lebbra, cui si passava il cibo attraverso un’apertura naturale nel soffitto.

Era già nota a fine Ottocento e nel 1912 Raffaello Battaglia, archeologo e docente all’Università di Padova, vi intraprese degli scavi che però diedero risultati scarsi; le vicende della grotta rimangono poi ignote fino al secondo dopoguerra, quando le truppe alleate, che occuparono Trieste fino al 1954, la adibirono a magazzino di esplosivi.

A questo punto avvenne la trasformazione: il deposito esplose – incidente o altro, non si sa – e la grotta, dalla forma rettilinea e poco inclinata, agì come la canna di un cannone.

Tutto il contenuto, inclusa buona parte dei sedimenti naturali, fu letteralmente sparato all’esterno; qualche anziano del luogo ricorda ancora il terreno antistante ricoperto da una lunga striscia di terra fuligginosa e detriti.

In fondo alla grotta il “rinculo” dell’esplosione sfondò un diaframma di roccia mettendo in luce un’altra ampia cavità fino ad allora ignota, mentre le pareti si ricoprirono di uno spesso strato di fuliggine. Così annerita e devastata, da quel momento fu chiamata Grotta Nera e nuovamente dimenticata o quasi, fino ad oggi. […]