Tihna el Gebel: fra abitazioni e tombe di Akoris dimenticata Taccuino di viaggio

Archeologia Viva n. 134 – marzo/aprile 2009
pp. 60-63

di Maurizio Zulian

Prosegue la visita ai siti “minori” della valle del Nilo ignoti al flusso turistico che in ogni stagione invade l’Egitto

La prima volta che sono venuto qui l’auto era preceduta da un blindato. Ci fermammo alla periferia del villaggio. Ora il clima non è più quello; si viaggia scortati, ma quasi per abitudine.

Arrivo di buon mattino. L’aria è fresca e il sole fa capolino sopra la grande falesia arabica, ai piedi della quale aspettano due hares el makbara, i ‘custodi della tomba’. L’archeologo della Soprin­tendenza si intrattiene con loro per definire i dettagli dell’escursione. Intanto viene offerto tè alla menta (le foglioline profumatissime sono raccolte nell’orticello di casa).

Da Minia, il capoluogo, sono sedici chilometri, mezz’ora di macchina, fino a Tihna el Gebel, questo piccolo villaggio sulla riva orientale del Nilo, ai margini della terra coltivata, collocato all’imbocco di uno wadi che ne prende il nome e dove corre una pista verso l’interno del deserto orientale. L’insediamento moderno si è sviluppato attorno ai resti di Tehni, città del nomo dell’Orice (quindicesima provincia dell’Alto Egitto), Akoris in epoca greco-romana.

I custodi fanno strada. Dopo una breve salita si arriva in un’area alta dove sorgono le rovine della città antica. Il sentiero si snoda tra resti di costruzioni, massi di pietra lavorata, mattoni di fango, un’infinità di cocci.

Numerose strutture di culto furono scavate nello stesso sperone di roccia attorno a cui si sviluppò Akoris, come quella che Nerone dedicò al potente Amon: il tempio entra in profondità nella falesia e termina in un piccolo naos (edicola), mentre addossata all’esterno c’è una sala ipostila con otto colonne, alcune ancora in sede.

A fianco del tempio di Nerone, una cappella rupestre dedicata a Sobek, il dio coccodrillo, conserva capitelli che sembrano pendere dal soffitto, perché le colonne sono andate perdute. Si sente un odore acre (sono le deiezioni di una colonia di pipistrelli).

Più in alto, scavata nella roccia a picco sulla valle coltivata, è una cappella di epoca greco-romana, con bassorilievi di divinità (Hator, Horus, Thot) e di un sovrano (non identificato). Se l’arrampicata è stata ardimentosa, la discesa è un vero incubo. C’è da immaginarsi le difficoltà a costruire un simile complesso… […]