La terramara di Montale Preistoria italiana

La terramara di Montale

Archeologia Viva n. 134 – marzo/aprile 2009
pp. 40-49

di Ilaria Pulini

Nei pressi di Modena le lancette della storia si muovono al contrario e si fermano in un giorno di tremilacinquecento anni fa in un villaggio dell’età del Bronzo: ci sono il fossato il terrapieno con le palizzate difensive e le case arredate

Tutto questo si può vedere a Montale, a pochi chilometri dal capoluogo, dove il Museo civico archeologico etnologico di Modena ha creato un parco dedicato alle terramare, gli insediamenti fortificati che durante l’età del Bronzo, intorno alla metà del II millennio a.C., occuparono diffusamente la pianura padana.

Realizzato sul luogo stesso dove sorgeva uno di questi abitati, il parco riunisce in un’unica proposta museale un antico tratto del paesaggio, rappresentato dalle tracce della terramara, gli scavi archeologici, resi visitabili e commentati da una serie di pannelli, e un museo all’aperto con la ricostruzione a grandezza naturale di una parte del villaggio.

Le terramare si svilupparono nello stesso periodo in cui nel Mediterraneo orientale si erano già da tempo formati importanti civiltà e imperi come quello egizio nella valle del Nilo o quello ittita in Anatolia, mentre nell’Egeo la civiltà micenea raggiungeva il suo apice.

A questo mondo così progredito nel nostro continente facevano riscontro società meno avanzate, ma non per questo prive di una loro complessa organizzazione.

I rinvenimenti indicano infatti che nell’Europa di quei tempi esistevano comunità a base eroica e guerriera, capaci di raffinate produzioni artigianali, ispirate da un’ideologia che lascia trapelare una forte spiritualità.

Fra queste, la civiltà delle terramare, che si sviluppa a cavallo fra Mediterraneo ed Europa centrale, rappresenta uno dei fenomeni culturali più rilevanti.

Gli scavi effettuati nell’area padana negli ultimi trent’anni hanno dimostrato che le terramare erano villaggi attivi fra la media e la recente età Bronzo (circa 1650-1150 a.C.), circondati a scopo di difesa da imponenti terrapieni e ampi fossati, entro i quali venivano deviate le acque di un vicino corso fluviale. Le loro dimensioni, inizialmente comprese fra uno e due ettari, si estesero fino a venti ettari a partire dalla fine del Bronzo medio (1350 a.C.).

All’interno dei villaggi le abitazioni erano disposte secondo uno schema pianificato, con strade ortogonali, ed erano prevalentemente edificate su piattaforme sopraelevate come nella tecnica delle palafitte, sebbene, diversamente da queste, non sorgessero sull’acqua ma sulla terraferma.

Questi villaggi erano molto frequenti in tutta la pianura emiliana e nelle zone di bassa pianura delle attuali province di Cremona, Mantova e Verona. Il numero elevato di abitati (oltre duecento attestati fino ad oggi) non fa pensare tanto a un naturale incremento demografico, quanto a una vera e propria “colonizzazione” di questa parte della pianura padana. […]