Ercolano: tre secoli di scoperte Mostra a Napoli

Ercolano: tre secoli di scoperte

Archeologia Viva n. 133 – gennaio/febbraio 2009
pp. 22-31

di Maria Paola Guidobaldi

Una documentazione archeologica straordinaria rende giustizia all’immagine di questa seconda vittima della catastrofe del 79 d.C. oscurata dalla fama invadente della vicina Pompei

Ecco il quadro inatteso di una città che emerge da ricerche plurisecolari ottenute con scavi resi problematici dall’eccezionale consistenza dei depositi del Vesuvio

I siti archeologici vesuviani sono città intere, giunte fino a noi per effetto dell’eruzione del 79 d.C. con tutte le loro piccole e grandi strade, il patrimonio architetto­nico pubblico e privato, le pitture, i mosaici, gli arredi e le infinite e multiformi testimonianze della vita quotidiana non replicabili per quantità e qualità in qualsiasi altra zona archeologica del mondo, ove il tempo ha avuto modo di sgretolare le strutture originarie, o in altri casi di trasformarle, inglobarle e rifunzionalizzarle, spesso di distruggerle completamente.

Gli scenari che gli scavi vesuviani, e in particolare quelli ercolanesi, hanno svelato sono invece quelli di una catastrofe appena avvenuta in una città fino a quel momento pullulante di vita: tetti scoperchiati, muri abbattuti, porte scardinate, suppellettile disseminata ovunque, tutto però in grande misura recuperabile, ricostruibile.

Le altissime temperature sviluppate dal fenomeno vulcanico hanno inoltre determinato a Ercolano un fenomeno di conservazione assolutamente originale e in larga misura privo di confronti nella stessa Pompei, restituendoci, carbonizzati, tutti i materiali di natura organica: commestibili, papiri, stoffe, corde, tavolette cerate, elementi lignei appartenenti al mobilio o alle parti strutturali e architettoniche degli edifici, preziosissime fonti d’informazione per gli aspetti “minori” e quotidiani della civiltà romana.

La particolare dinamica del seppellimento di Ercolano, diversa da quella di Pompei, è anche all’origine di una peculiare storia degli scavi.

Gli immensi flussi piroclastici che in venti ore di attività del Vesuvio travolsero e sommersero Ercolano hanno infatti sigillato la città antica e i suoi abitanti entro lo scrigno mortale di un gigantesco deposito vulcanico, alto in media venti metri.

Al di sopra dell’enorme interro dell’eruzione del 79 d.C. – al quale almeno nell’area della Villa dei Papiri si sovrappose anche la lava di un’eruzione del IX-X secolo – si sviluppò a partire dal medioevo l’abitato di Resìna (così si è chiamata fino al 1969 la moderna Ercolano – ndr), persa, se non la memoria, certamente la cognizione dell’esatta posizione topografica della città romana. […]