Il segno di Dio: la lebbra Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 132 – novembre/dicembre 2008
pp. 56-59

di Mauro Rubini

Prosegue la serie sulle grandi malattie a forte impatto sociale che hanno funestato l’umanità

Ecco i casi di una comunità di lebbrosi che alla fine dell’impero si insediò in Lazio fra i ruderi di una villa romana e di un’altra formata da guerrieri barbari schierati in Molise contro i Bizantini

Tutto ciò che varia da quella che noi definiamo “normalità” ha sempre colpito l’immaginario collettivo. Di sicuro la deformità fisica non fa eccezione, generando curiosità, timore, ribrezzo, derisione, riverenza…

L’uomo è sempre andato incontro al rischio di deformità, congenite, oppure derivanti da patologie o traumi, a loro volta classificanti. La gamba, l’occhio o il braccio persi in battaglia erano “anomalie” degne di un eroe.

Di contro, chi nasceva con qualche difetto oppure l’acquisiva per malattia o incidente correva il rischio di essere considerato oggetto di una punizione divina.

Con l’avvento del cristianesimo, in particolare nel mondo occidentale, questi sventurati divennero dei “toccati da Dio”, individui che il Signore aveva voluto in qualche modo punire e, al tempo stesso, segnare per essere di monito agli altri. Alla disgrazia si aggiungeva così una feroce emarginazione.

Tra le malattie più temibili che, per l’elevata capacità di produrre deformità, hanno funestato in modo particolare il ruolo sociale e la vita di intere moltitudini, è senz’altro la lebbra.

La lebbra è menzionata nel papiro Ebers (metà XVI sec. a.C.), nei Veda indiani (inizi XV sec. a.C.), nel Levitico (II libro di Giobbe): chiamata in ebraico tsara ‘at, fu generalmente tradotta come “lebbra” anche se non si riferisce alla malattia che noi oggi conosciamo (così come la lepra del Nuovo Testamento). Una delle prime descrizioni autentiche della lebbra viene dall’India. […]