Incontro con Bernard Wood La voce della storia

Archeologia Viva n. 131 – settembre/ottobre 2008
pp. 78-79

Intervista di Giulia e Piero Pruneti, in collaborazione con Giovanni Caselli

«Se fossi credente sarei soddisfatto di come Dio ha concepito l’evoluzione: un sistema intelligentissimo per perpetuare la vita»

«La linea evolutiva dell’uomo è un ramo con tanti ramoscelli di cui non conosciamo il numero preciso: non esiste ragione per ritenere che essa sia meno complessa di quella di altre specie animali»

«Forse l’uomo moderno vinse sul Neanderthal perché necessitava di meno calorie»

Incontriamo il professore presso il Laboratorio di Antropologia dell’Università di Firenze, dove è stato invitato per una serie di lezioni sull’evoluzione umana. Wood è una notorietà internazionale in materia e non gli manca quello che si dice il “fisico del ruolo”. Vedendolo lo possiamo immaginare al lavoro nella savana. Ha il piglio deciso del ricercatore. Di uno che non molla la presa. Ma anche di uno che non ha dogmi da difendere. Sa che una scoperta potrebbe cambiare il quadro… Non ha dubbi sulla “evoluzione della specie”. Ne ha invece, parecchi, dopo tanti anni di indagini, sui processi evolutivi.

Era ancora studente di medicina quando nel 1968 raggiunse Richard Leakey in Kenya partecipando alla prima spedizione sulle rive del lago Rodolfo, oggi Turkana, là dove sembra sia nata l’umanità. Prima di dedicarsi esclusivamente alla ricerca e alla docenza (1972) Wood ha esercitato come chirurgo. Possiamo definirlo un medico paleoantropologo.

Nel 1982 gli fu assegnata la cattedra di Anatomia all’Università di Londra. Oggi è professore di Origini umane e di Anatomia evolutiva presso la George Washington University, dove dirige anche il Centro di studi avanzati sull’evoluzione umana. È autore di un gran numero di pubblicazioni di carattere strettamente scientifico, ma anche divulgativo. […]

D: Allo stato attuale delle ricerche possiamo disegnare un albero genealogico della specie umana?
R: Disponamo di una bozza a grandi linee. Contrariamente a quello che si pensa e ai simpatici schemi che vediamo riprodotti su manuali e riviste, non siamo in grado di costruire un albero genealogico preciso. Bisogna scoprire qualcosa di veramente nuovo, che getti nuova luce sulla nostra preistoria a partire da un milione di anni fa.

D: Allora è meglio parlare di lacune, anziché di certezze?
R: Per molto tempo abbiamo ritenuto che la linea evolutiva dell’uomo fosse una retta, ora sappiamo che si tratta di un ramo con numerosi ramoscelli di cui non conosciamo il numero preciso. È certo, ad esempio, che non conosciamo i ramoscelli che si trovano fra otto milioni e due milioni di anni fa. Intorno ai due milioni di anni vi sono numerosi parenti dell’uomo, ma non necessariamente suoi antenati. Non sappiamo neppure se Homo erectus sia un antenato di Homo sapiens. Cosa che ritengo improbabile. Insomma il ramo evolutivo dell’uomo è complicato quanto quello di animali come il maiale o l’elefante. Non esiste alcuna ragione per ritenere che la nostra evoluzione sia meno complessa di quella di altre specie. […]