Incontro con Pierfrancesco Callieri La voce della storia

Archeologia Viva n. 130 – luglio/agosto 2008
pp. 74-75

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«È facile ammalarsi d’Iran ma anche agli iraniani che vengono da noi capita spesso di ammalarsi d’Italia: stiamo bene insieme»

«Fra antichi Greci e Persiani un rapporto di odio e amore»

«La sfortuna degli Achemenidi fu d’imbattersi in una delle menti più geniali della storia»

«La Persia e l’Islam ci hanno restituito il sapere di Greci e Romani andato in esilio con il cristianesimo: è un debito che dobbiamo riconoscere»

Ci conosciamo con Callieri a Rovereto. Domina la manifestazione il tema delle ricerche in Iran, ma inevitabilmente anche dei rapporti delicatissimi fra questo grande Paese e l’Occidente. Approfondendo l’argomento appare evidente che l’archeologia è un luogo ideale d’incontro, dove si formano collaborazioni internazionali, si fanno progetti comuni, si cerca, da una parte e dall’altra, di tenere lontana la guerra.

Così mentre altri “scherzano” con impianti nucleari veri o presunti e con minacce di bombardamenti preventivi, gli archeologi in Iran raddoppiano gli sforzi per far capire a tutti che la lotta per civiltà, oggi, è un’altra cosa. Pierfrancesco Callieri, docente di Archeologia e Storia dell’arte iranica all’Università di Bologna, la Persia e i Persiani (di ieri e di oggi) li conosce ormai come le sue tasche. Si può prendere il mal d’Iran? «Se uno ci va spesso come me, succede. Ma anche agli iraniani che vengono da noi capita di ammalarsi d’Italia. Stiamo bene insieme. Si avverte che “a monte” lo scambio di civiltà è stato profondo».

Dal 2005 Callieri dirige la Missione archeologica in Iran dell’Università di Bologna, in collaborazione con il centro Iraniano per le ricerche archeologiche, l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO) e la Direzione generale per la Promozione e Cooperazione culturale del Ministero degli Affari Esteri. Oggetto è lo studio archeologico del Fars, la regione culla della civiltà persiana, tra la fine dell’impero achemenide (IV sec. a.C.) e gli inizi dell’impero sasanide (III sec. d.C.).

Avviata con lo scavo del primo sito rurale di epoca achemenide e post-achemenide mai indagato nel Fars, nell’ambito del progetto degli scavi di salvataggio per la grande diga di Sivand sul fiume Polvar, la ricerca è proseguita negli anni successivi con saggi stratigrafici sul tell centrale di Pasargadae, legato alla memoria di Ciro il Grande.

Nel prossimo quinquennio il progetto della missione guidata da Callieri proseguirà con una serie d’indagini a Persepoli, cui si affiancheranno interventi di aggiornamento metodologico nel settore della diagnostica e del restauro sulla terrazza monumentale. In questo modo l’Italia – dopo la bella esperienza dell’IsMEO del 1964-1979 – collaborerà nuovamente con gli esperti iraniani nella conservazione del principale sito archeologico del Paese. […]