Donne ‘imperatrici’ dietro le quinte del potere Parliamo di donne

Donne ‘imperatrici’ dietro le quinte del potere

Archeologia Viva n. 130 – luglio/agosto 2008
pp. 72-73

di Francesca Cenerini

Il passaggio alla forma di governo imperiale con l’instaurarsi di un potere dinastico sempre più personale e autocratico assegnò alle donne della “famiglia” una capacità di condizionamento al vertice dello Stato

Condizione del tutto impensabile nelle precedenti fasi repubblicane della storia romana…

Livia Drusilla, moglie di Augusto, rappresenta senz’altro la prima icona del potere imperiale al femminile. Nel 39 a.C. divorzia dal marito Tiberio Claudio Nerone, nobile filorepubblicano e padre del futuro imperatore Tiberio, e sposa Ottaviano, futuro Augusto, benché incinta del secondo figlio Druso.

Il matrimonio tra Augusto e Livia, che pure sancisce l’alleanza tra l’imperatore e una parte dell’aristocrazia repubblicana, è sterile e questo crea problemi per la scelta del successore. Come la sorella Ottavia, anche Giulia, l’unica figlia di sangue di Augusto (23 a.C.-14 d.C.), avuta da un precedente matrimonio, viene utilizzata dal padre come strumento di alleanze politiche.

Rimasta vedova del cugino Marcello, Giulia sposa Marco Vipsanio Agrippa (21 a.C.), uomo di origini modeste, ma grande generale e fedelissimo del padre (era stato lui l’autore della vittoria ad Azio contro Antonio e Cleopatra nel 31 a.C.). La figlia Agrippina Maggiore, essendo donna, è fuori gioco nelle mire di successione, mentre i figli Gaio e Lucio sono invece adottati da Augusto come eredi. Muoiono però entrambi in giovane età.

La loro prematura scomparsa segna il definitivo prevalere della fazione claudia (legata all’ascendenza di Tiberio Claudio Nerone e quindi di Livia Drusilla) su quella giulia. Nel 2 a.C. Giulia, rimasta vedova e costretta a sposare Tiberio, figlio primogenito di Livia Drusilla e futuro secondo imperatore, è accusata di adulterio; viene quindi relegata ad insulam (confinata a Pandataria, attuale Ventotene) e il suo amante, Iullo Antonio (figlio di Marco Antonio e Fulvia), condannato a morte.

Non si trattò, infatti, di un semplice adulterio, bensì di una vera e propria congiura politica, prontamente repressa, che riguardava la successione ad Augusto e la stessa concezione del potere imperiale: ai filorepubblicani Livia e Tiberio, che erano favorevoli a una mediazione tra il potere monarchico e le istituzioni della Roma repubblicana, si contrappongono la filorientale Giulia e la sua corte, appoggiati dal popolo e da parte dell’esercito. […]