Incontro con Franco Cardini La voce della storia

Archeologia Viva n. 127 – gennaio/febbraio 2008
pp. 70-71

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«L’Occidente ha sempre ritenuto le sue leggi di valore universale»

«La storia non ha un senso e tanto meno una moralità»

«L’Islam? Abbiamo l’assurda pretesa che si uniformi al nostro mondo»

«La Chiesa ha fatto “mea culpa” ma gli altri non hanno fatto niente»

«Le crociate furono guerre complesse combattute fra società segnate dalla religione ma non guerre di religione»

«L’Europa non ha più il diritto di sventolare la bandiera del cristianesimo»

«Gli israeliani non hanno fretta: non ci stanno loro nei campi profughi»

L’amico Franco Cardini ci aspetta dietro una scrivania nuova di zecca all’ultimo piano di Palazzo Strozzi a Firenze, nella sede del Sum – Istituto italiano di scienze umane, dove il famoso medievista dirige “La porta dell’Occidente”, un corso di formazione per borsisti iracheni dell’Università di Baghdad.

Sapevamo di incontrare un uomo sicuro delle sue idee, capace di esprimerle senza giri di parole. E infatti Cardini non si sottrae a nessuna domanda. Potresti parlare con lui giorni interi affrontando tutti gli argomenti possibili, meglio se controversi. E per ognuno si può essere certi di una risposta che non lascia spazio a compromessi. Prendere o lasciare.

Si dichiara cattolico. Politicamente sembrerebbe in forza alla destra (nel primo governo Berlusconi fu membro del consiglio di amministrazione della Rai, di certo non per simpatie di sinistra). Non nasconde la sua adesione giovanile al Movimento Sociale Italiano e alla Giovane Europa. Poi ci parli e non riesci più a collocarlo. Quindi, giù gli schemi e avanti con l’intervista a tutto campo.

Le Crociate? Non furono guerre di civiltà e neppure di religione. Il papa? Ha chiesto perdono, ma lo so io perché. Palestina? Non ci sono soluzioni. Afghanistan e Iraq? Due invasioni, due colossali errori. La storia ha un senso? Non diciamo sciocchezze… Sembra che di proposito cerchi la polemica, quasi la rissa.
Non a caso un suo libro del 2003 si intitola Per essere Franco. Le rabbie di uno che non sta bene a nessuno (ed. Ill Cerchio). Poi ti accorgi che alla fine è un “trucco” dialettico, per costringerti a reagire, a ragionare, a discutere fino in fondo.

Rimane il fatto che da Franco Cardini non si può andare disarmati. Insegna Storia medievale all’Università di Firenze. Fra il 1971 con Le crociate tra il mito e la storia (Nova Civitas) e il 2007 con Tamerlano. Il principe dell steppe (De Agostini Periodici) e il romanzo Il signore della paura (Mondadori), ha scritto un quantità impressionante di opere.

D: Negli ultimi due secoli si era fatta strada l’idea positiva che la storia dell’umanità fosse ineluttabilmente segnata dal progresso, pur con fasi ricorrenti di crisi. Per i cristiani esiste la Provvidenza… Cosa ne pensa uno storico del nostro tempo?

R: Queste sciocchezze del progresso ineluttabile l’hanno detta sia Marx che Engels ed era giustificata dal principio di analogia nel rapporto tra lo studio della storia e l’osservazione della società. Siccome il mondo occidentale è cresciuto rapinando gli altri, ma guardando solo dentro se stesso, ha sempre ritenuto leggi universali quelle che erano leggi sue.

Engels parla all’inizio dell’Ottocento, quando ormai il mondo filosofico e politico europeo si è incamminato sulla strada di questa visione abbastanza bislacca del progresso necessario e naturale. Quel cammino in cui si  avverte la necessità di muovere a ogni costo la ruota “produzione-consumo-profitto”. Siamo all’indomani della prima rivoluzione industriale e ci crea una filosofia della storia che è una grottesca parodia della teologia cristiana della storia. Una storia che ha un inizio, una fine e un fine. Che progredisce dalle tenebre del peccato attraverso la rivelazione fino all’apocalisse e al regno di Dio… Engels e Marx non fanno altro che tradurre questa teologia in termini laicizzati, e secondo me anche caricaturali.

D: Beato chi crede nella Provvidenza…

R: Come cattolico ci credo, come credo che il senso della storia sia qualcosa di assolutamente inconoscibile e metafisico. Ma come storico ho la piena coscienza che un senso, una logica immanente nella storia non ci siano. […]