Fruizione: novità epocale nel nuovo Codice dei beni culturali? Archeologia e diritto

Archeologia Viva n. 127 – gennaio/febbraio 2008
p. 69

di Silvia Segnalini

L’eco sui giornali questa volta non c’è stata eppure sembrerebbe una vera rivoluzione copernicana quella introdotta dal nuovo Codice: o forse no? Vediamo di cosa si tratta

Com’è noto il quadro normativo di riferimento per il nostro patrimonio è il Decreto legislativo del 22 gennaio 2004 n. 42, recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, meglio conosciuto come Codice Urbani (d’ora in avanti Codice).

Quest’ultimo ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, un principio che sembrerebbe costituire una novità assoluta nel sistema generale descritto dal Codice: la fruizione pubblica come finalità della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale. Il che non è poco.

Il principio è sancito con chiarezza – nella parte generale del Codice, contenente le “Disposizioni generali” (una sorta di principi guida) – all’art. 3, comma 1. Leggiamolo: «La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, a individuare i beni costituenti il patrimonio culturale e a garantire la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione».

Ma si potrebbe guardare anche all’art. 1, comma 3, dove, definendo i compiti dello Stato, delle Regioni e degli altri Enti territoriali, il Codice dichiara chiaramente che questi «sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione». […]