In Grecia e a Roma niente vizi e pubbliche virtù Parliamo di donne

Archeologia Viva n. 127 – gennaio/febbraio 2008
p. 68

di Francesca Cenerini

Moglie fedele madre affettuosa e un ruolo eroico fra le mura domestiche a cui Greci e Romani attribuirono un rilievo sociale decisivo

Fiorirono così nella letteratura modelli ideali di donne capaci di sacrificarsi per difendere i valori della castità e della vita matrimoniale

Le fonti classiche, greche e latine, ci tramandano un ideale di donna che, nel corso dei secoli, ha costituito un punto fermo nel modo di pensare maschile: «lanifica, pia, pudica, frugi, casta, domiseda», ovvero ‘dedita a lavorare la lana, devota, pudica, frugale, casta e che sta sempre in casa’, come si legge in un’iscrizione latina che riporta l’elogio di una certa Amymone, moglie di Marco (Inscriptiones Latinae Selectae, 8402). Le stesse qualità sono presenti nell’Economico, dello scrittore ateniese Senofonte, scritto in forma di dialogo verso la metà del IV sec. a.C.

Uno dei protagonisti, Isomaco, insegna all’anonima moglie-bambina (le ragazze si sposavano sui quattordici anni, alla comparsa delle mestruazioni) i suoi doveri nella gestione dell’oikos, la ‘casa’.

Alla donna è riservato lo spazio domestico, che la brava padrona deve saper preservare, mentre lo spazio esterno, quello delle attività produttive e della vita politica, è dominio dell’uomo. All’interno dell’oikos la donna assicura la trasmissione e la conservazione del patrimonio, procreando figli e amministrando con parsimonia. […]