Archeologia Viva n. 127 – gennaio/febbraio 2008
pp. 30-39
di Nicola Savarese, con schede di Angelo Bottini e Vincenzo Blasi
Il teatro greco è all’origine di quello occidentale ma la prova del suo successo e del suo valore come arte fu il teatro dei Romani con cui arrivano a compimento e si consolidano tutti gli aspetti delle tecniche teatrali dei Greci
L’occasione per capire una realtà che nel mondo antico coinvolse la vita quotidiana di tutti è una mostra al Colosseo ideata da uno dei massimi esperti dell’arte dello spettacolo
“Per gli spettatori il teatro non è soltanto divertente, ma anche utile, in quanto educa, istruisce e infonde armonia nell’animo di chi vi assiste tenendolo in esercizio con bellissimi spettacoli, rallegrandolo con la musica migliore e mostrando insieme la bellezza del corpo e dell’anima.” (Luciano, La danza, 6)
Per un cittadino romano dell’età imperiale recarsi a teatro di mattina, sedersi nella cavea assolata accanto ad altre migliaia di persone e assistere agli spettacoli delle pantomime musicali offerti in un grandioso scenario architettonico era un’esperienza festosa e gaudente, ben diversa dalla nostra (di notte, al chiuso, nel buio silenzioso di una sala…). Il divertimento teatrale doveva assomigliare piuttosto a qualcosa che sta fra il nostro frequentare uno stadio e un concerto rock.
E dunque per un antico romano che cosa voleva dire andare a teatro? Innanzitutto procurarsi un biglietto d’entrata. L’accesso era gratuito per tutti, liberi e schiavi, uomini e donne, vecchi e bambini, ma era necessario un permesso d’accesso, la tessera (in genere una tavoletta d’osso con segni incisi), utile per controllare il numero degli spettatori, dirigerli verso il settore assegnato e limitare così la presenza di personaggi importuni e attaccabrighe. Chi entrava senza toga o malvestito doveva forzatamente occupare le ultime file. […]