Archeologia Viva n. 8 – novembre/dicembre 1989
pp. 12-19
di Maria Grazia Dal Bianco
La bella immagine di una comunità cristiana dei primi secoli emerge dalla visita alla catacomba quasi sconosciuta posta al decimo miglio dell’antica via latina
Lungo la via Anagnina che da Roma conduce ai castelli, tra il V e il VI chilometro prima di iniziare la salita di Grottaferrata, sulla sinistra, un cancelletto in ferro certamente sfugge alla visita degli automobilisti distratti, diretti alle località vicine per la domenicale gita “fuori porta”.
Se presi da curiosità si fermassero, in quel giardino oltre il cancello, troverebbero l’ingresso di una piccola catacomba: una fra le più importanti e meglio conservate della campagna laziale.
Oggi, naturalmente, le costruzioni moderne hanno stravolto l’antico aspetto della zona. Eppure, lasciata la strada, non è difficile imbattersi in numerosi reperti archeologici: cisterne, muri diroccati, pavimenti a mosico, avanzi di piscine, resti di colonne, testimonianze delle sontuose ville che sin dall’epoca repubblicana vi si trovavano in gran copia.
In biblioteca, consultando qualche vecchio libro con i resoconti degli scavi compiuti nel secolo scorso, scopriremmo una quantità di iscrizioni, suppellettili in ceramica comune, frammenti di sculture, condotte dell’acqua.
Doveva trattarsi di una zona intensamente frequentata, situata, come ricorda la denominazione della catacomba, al decimo miglio della via Latina, all’incrocio con l’antica via Valeria, oggi via della Cavona.
Questa strada calcava il percorso di un antico tratturo che, lungo la valle dell’Aniene, raggiungeva il mare; ancora pochi decenni fa era usata come via di transumanza.
Nell’ambito dei traffici e degli scambi locali, un ruolo di primo piano era svolto da una statio indicata dalle fonti precisamente al decino miglio della via Latina.
Era questa una struttura legata al servizio di posta imperiale e assicurava assistenza e ristoro ai funzionari impiegati nello smistamento del materiale e nella consegna. […]