Archeologia Viva n. 8 – novembre/dicembre 1989
di Piero Pruneti
Ampio spazio dedichiamo in questo numero ad uno studio sulle oasi sahariane, risultato di attente e appassionate ricerche condotte per circa un decennio dall’architetto Pietro Laureano. Questi ci consegna ora la lettura inedita di una realtà geografica e culturale che credevamo di conoscere bene mentre ci era quasi sconosciuta per difetto d’indagine. Si potrà obiettare che non si tratta proprio di archeologia.
È vero, e non intendiamo certo forzare i confini – comunque non del tutto definiti – della disciplina che più ci riguarda. Rientra tuttavia nelle finalità della rivista recuperare alla comprensione i modi e i perché dei rapporti fra l’uomo e l’ambiente tramite le testimonianze della cultura materiale. Se questi “modi” e “perché” del passato eccezionalmente sopravvivono, tocca a noi parlarne senza attenderne l’estinzione.
Ma c’è un motivo in più per proporre l’argomento. Quando l’Europa era solo un ghiacciaio inospitale, il Sahara presentava condizioni ambientali adatte allo sviluppo di forme elaborate di civiltà. Poi sono rimaste le oasi, non per uno scherzo di natura nel gran mare dell’aridità, bensì come risultato di una sapienza lontana che ha consentito la vita in uno dei luoghi più ostili del pianeta.
Ebbene, tenendo presente l’enorme valore di questo millenario accumulo culturale, è stato firmato un accordo fra la Cooperazione Italiana all’Estero e il Ministero dell’Habitat e dell’Ambiente algerino per procedere alla rivitalizzazione e al restauro di un’oasi sahariana.
Il progetto, diretto dallo stesso Pietro Laureano e al quale Archeologia Viva ha dato il proprio patrocinio, vede impegnata la Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze nell’operazione di recupero di un ecosistema di frontiera dove l’uomo è parte attiva e necessaria.
Se la nostra osi sopravvivrà, qualche archeologo in meno in futuro troverà lavoro fra le sabbie invadenti. La categoria saprà senz’altro perdonare…
Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”