Neandertaliani al Circeo L'Uomo nella Preistoria

Archeologia Viva n. 7 – settembre/ottobre 1989
pp. 12-19

di Silvana Condemi e Carlo Peretto

Sono passati cinquant’anni dal ritrovamento del celebre cranio della Grotta Guattari

Questa è l’occasione per confrontare le diverse ipotesi degli studiosi fra cui ha finora dominato quella che si tratti di un documento di cannibalismo rituale

È il 24 febbraio 1939 e il signor Guattari scopre l’apertura di una piccola grotta del Circeo che prenderà il suo nome; all’interno c’è il cranio di un neandertaliano.

L’imboccatura della grotta è ostruita da sedimenti dell’ultima glaciazione (Würm antico) che hanno permesso la conservazione di una paleosuperficie su cui poggiano frammenti di calcare, ossa di vari animali (fra cui iene) e un cranio destinato a diventare famoso: osservazioni dettagliate consentiranno al prof. A.C. Blanc di attestare che il cranio aveva la base fratturata e che si trovava nella parte più interna della grotta circondato da pietre disposte a cerchio.

È sulla base di queste osservazioni che il reperto è stato considerato fino ad oggi un documento significativo di una complessa pratica di cannibalismo. Tale interpretazione è oggi messa in dubbio da alcuni studiosi.

A questo proposito alcuni rilevano l’assenza di tracce di scarnificazione sul crani, presenti invece, ad esempio, sui fossili di Krapina in Iugoslavia e forse a Engis in Belgio; inoltre si sottolinea il fatto che la base del cranio, fratturata nell’esemplare del Circeo, è una regione molto fragile e quindi soggetta facilmente a sfondamento naturale.

Se da un lato è messo in dubbi l’intervento umano come causa della deposizione del cranio sulla superficie della Grotta Guattari, rimane però da spiegare come il tutto possa essersi verificato naturalmente, mancando anche tracce di trasporto dovuto a carnivori o ad agenti naturali.

Come viveva l’uomo di Neanderthal? Di quale standard tecnologico disponeva? Si stanziava all’imboccatura di grotte o al riparo di pareti rocciose, ma non sempre.

Si conoscono, infatti, complesse strutture d’abitato, come il sito di Molodova (valle del Dniester) dove una complessa struttura circolare, delimitata da grandi ossa di mammuth e con all’interno tracce di più focolari, è quasi sicuramente ciò che resta di una capanna.

Viveva di caccia e raccolta: nei siti preistorici è possibile raccogliere frammenti ossei delle specie animali cacciate che documentano la selvaggina presente nel territorio circostante l’accampamento. […]