Archeologia Viva n. 4 – marzo/aprile 1989
pp. 28-33
di Clotilde D’Amato
L’uso dei bagni termali ampiamente teorizzato per i positivi effetti igienico-sanitari rappresentò anche un fatto di enorme rilevanza sociale in tutto il mondo romano
Le acque furono utilizzate a scopo terapeutico fin dai tempi più remoti, soprattutto in Grecia e nell’Oriente ellenizzato. Solo a Roma, tuttavia, questo uso raggiunse la più ampia diffusione.
Cicerone ci ha tramandato in proposito un detto latino molto espressivo: «Quamdiu ad aquas fuit, numquam est mortuus» (Cic., De Orat. II, 67, 274), finché si recò alle acque, è rimasto in vita.
E Plinio il Vecchio afferma che la medicina del suo tempo fece ricorso alle acque come a una sorta di rifugio: «medicina… quae nunc aquarum pertugio utitur», poiché nessun elemento naturale era più miracoloso dell’acqua stessa «in nulla parte naturae maiora essere miracula» (Plin., Nat. Hist. XXXI, 1, 2 6).
L’acqua viene infatti impiegata sia per uso esterno, sotto forma di bagni caldi e freddi, docce, abluzioni e inalazioni, sia interno, come bevanda pura o minerale.
Fu necessario tuttavia attendere l’arrivo a Roma dei medici greci per trovare un’utilizzazione seria e razionale delle acque. Il merito di aver elevato il bagno al rango di cura spetta appunto al medico Asclepiade, giunto a Roma da Prusa, in Bitinia, all’epoca di Pompeo Magno.
Alla diffusione della moda dell’acqua contribuì anche l’influsso della civiltà ellenistica che aveva introdotto a Roma, insieme a un ideale di vita molto più lussuoso e confortevole rispetto agli standard recedenti, alcune patologie tipicamente collegate al benessere, come la gotta e la calcolosi, e particolarmente sensibili ai benefici apportati dalle cure termali.
Nessun altro popolo può vantare la realizzazione di un gran numero di bagni pubblici e privati come Roma, specie nei secoli dell’Impero. Il numero elevato di tali impianti dimostra come l’idroterapia avesse assunto una vera e propria funzione sociale: tutti frequentavano le terme, e per tutto l’anno.
Accanto ai maestosi complessi termali dell’Urbe, vanno ricordati i bagni delle piccole città di provincia; anche umili vici hanno conservato resti di bagni pubblici comodi ed eleganti, pur nelle limitate dimensioni. Avanzi di bagno, poi, sono stati rinvenuti non solo nelle sontuose dimore urbane e suburbane, ma anche nelle ville rustiche e nelle fattorie coloniche, dove si addensava un gran numero di lavoratori.
Certamente la più vasta utilizzazione dell’acqua a scopo curativo e igienico si ebbe negli stabilimenti termali, i quali mettevano a disposizione del medico e dell’igienista una svariata gamma di mezzi salutari utili, oltre che a combattere molte patologie, a mantenere anche sano e agile il corpo, in armonia con la massima di Marziale secondo cui la vita non consiste nel vivere, ma nello star bene: «non est vivere, sed valere vita» (Mart., Epigr., VI, 70). […]