Il ristorante abusivo di Caracalla Futuro del passato

Archeologia Viva n. 3 – gennaio/febbraio 1989
pp. 76-78

di Lorenzo Quilici

Per trent’anni le Terme di Caracalla hanno visto gonfiarsi al loro interno una iniziativa inconciliabile con la tutela del monumento

Una tipica storia di contrasti e lungaggini burocratici

Le Terme di Caracalla sono certamente uno dei monumenti più grandi e famosi pervenutici dall’antichità. La storia che riferiamo copre l’arco di 30 anni ed è pertanto esemplare di un modo incongruo di gestire tale patrimonio, che purtroppo non è ovunque superato.

Conoscerne l vicenda può essere istruttivo per un ripensamento su casi analoghi in Italia. L’articolo è tratto dalla perizia tecnica d’ufficio condotta dallo scrivente con l’architetto U. Lispi, su incarico del pretore A. Albamonte della V Sezione Penale della Pretura Unificata di Roma (proc. N. 30139/86).

Nel 1954 il Ministero della Pubblica Istruzione (allora competente per i Beni Archeologici e Monumentali) approvò la richiesta di un privato per l’installazione di un semplice posto di ristoro alle Terme di Caracalla, a Roma: questo posto doveva sorgere nell’ambito della zona centrale del complesso dato in uso all’Ente Autonomo del Teatro dell’Opera per i famosi spettacoli lirici, con il divieto alla costruzione di una qualsiasi installazione fissa. La concesione, rinnovabile annualmente, non doveva protrarsi oltre il quinto anno.

Sulla base di questo nulla osta la Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, competente come organo dello Stato demandato alla vigilanza e alla tutela delle Terme di Caracalla, stipulò una convenzione per un canone di affitto di 2 milioni di lire da utilizzare essa direttamente: convenzione, si badi bene, illegittima in quanto tale versamento avrebbe dovuto devolversi all’Erario e non alla discrezionalità del personale di una banca della pubblica amministrazione.

Nel 1957 la stessa Soprintendenza, senza informare la Direzione Generale del Demanio, concedeva che l’esercizio occupasse stabilmente una delle parti monumentali delle Terme, non compresa nell’ambito delle rappresentazioni teatrali e precisamente quella della grande esedra sud-orientale del complesso: ciò per permettere la costruzione di un “magazzino” che accogliesse le attrezzature del posto di ristoro.

La nuova area occupata dall’esercizio interessava, come l’esedra, una grandiosa aula absidata fiancheggiata da due ninfei monumentali, per lo sviluppo di circa 2475 mq, nei quali fu costruito un edificio in muratura di 250 mq, subito dotato di acqua e di luce.

In esso fu ricavato un salone ristorante con relativi servizi. La costruzione fu condotta senza alcuna specifica autorizzazione e abusivamente anche dal punto di vista dell’Amministrazione Comunale. Il vecchio posto di ristoro, al centro delle Terme, restava comunque in funzione in cambio di un contributo (pur esso legittimo) alla Direzione del Teatro dell’Opera. […]