Di sana pianta Erbari e taccuini di sanità

Archeologia Viva n. 3 – gennaio/febbraio 1989
pp. 44-49

di Giordana Mariani Canova

L’uso delle piante ritenute utili alla salute dell’uomo è stato descritto e illustrato a partire dall’età classica

Ma è nell’ambito umanistico e rinascimentale padovano che si toccano i vertici di una vera e propria arte degli erbari

L’intuizione e la sperimentazione delle virtù terapeutiche delle piante si confondono con le origini della civiltà. In particolare nella Grecia antica grande rispetto circondò sempre i medici rizotomoi, cioè raccoglitori di piante, che sapevano riconoscere quelle benefiche e coglierle, nel luogo e nel momento giusto, in modo da rendere il loro potere terapeutico più efficace.

Il primo manuale di erboristeria sembra essere stato realizzato da Diocle di Karystos già nel IV sec. a.C., ma la creazione dell’erbario illustrato, vale a dire un testo recante una serie di immagini di erbe, ciascuna accompagnata dal nome della pianta e dalle indicazioni sulle sue caratteristiche e sulle sue virtù, viene tradizionalmente riferita a Crateua, medico di Mitridate VI re del Ponto (120-63 a.C.), a sua volta appassionatissimo di veleni e di antidoti.

Tuttavia l’opera fondamentale, destinata a porre le basi di tutta la medicina botanica medievale, è costituita da un vasto trattato, conosciuto comunemente con il titolo De materia medica della traduzione latina, che venne composto da Dioscoride Pedanio, un medico originario di Arnazaba in Cilicia, vissuto al tempo di Nerone (54-68 d.C.).

Il successo del trattato fu tale che di esso si dovette riprodurre verso il III-IV secolo una grande redazione in ordine alfabetico, per la prima volta illustrata e arricchita di numerose integrazioni, così da descrivere con singolare competenza più di cinquecento piante, tutte entrate a far parte della farmacologia medievale.

Grandissima in area occidentale fu poi la fortuna di un modesto erbario latino, da presumersi scritto intorno al 400 d.C. in area mediterranea, e recante, negli esemplari più antichi, il titolo Herbarius Apulei Platonici quem accepit a Chitone centauro magistro Achillis. Pertanto l’operetta, che compendia informazioni tratte da Plinio e da fonti greche, fu attribuita a certo Apuleio Platonico, detto anche Pseudo Apuleio per distinguerlo dall’autore dell’Asino d’oro. […]