Il Trentino in età romana Studi e ricerche nell'arco alpino

Archeologia Viva n. 3 – gennaio/febbraio 1989
pp. 10-17

di Gianni Ciurletti e Pierluigi Tozzi;
collaborazione di Enrico Cavada e Franco Marzatico

I segni della penetrazione romana nel territorio centroalpino non si presentano grandiosi e abbondanti come in altre regioni

La ricerca archeologica sta dando tuttavia risultati fondamentali per capire l’antica realtà di una regione sulla via dell’Oltralpe

La maggior parte degli studiosi è ormai concorde nel ritenere che il Trentino non fu soggetto ad una conquista militare da parte di Roma, anche se non fu indenne da qualche episodio bellico nelle aree più esterne (ad esempio le valli Giudicarie nel 117 a.C.); esso invece entrò gradualmente nella sua sfera di interesse a partire dal III-II sec. a.C. tramite contatti di tipo commerciale provenienti dalla pianura padana, forse mediati dai Galli Cenomani che già intrattenevano rapporti con le genti alpine.

Solo in un secondo tempo, nel corso del I sec. a.C. seguì, come avvenne per tutta l’Italia transpadana, la sua organizzazione politico-amministrativa che prevedeva anche la fondazione di un centro urbano (Trento) eretto a municipio dei Tridentini (la lapide di Marco Apuleio, legato di Augusto, ne attesta l’esistenza nel 23 a.C.).

È probabile comunque che fino al momento della guerra retica (15 a.C.), con la quale Augusto sottomise tutto il territorio alpino, l’interesse di Roma verso la regione dovette essere molto limitato: alle popolazioni locali essa verosimilmente si rivolse solo per modesti scambi commerciali o, forse, per reclutare giovani leve da inserire nei propri eserciti.

Il processo di romanizzazione, se con tale termine intendiamo riferirci non solo all’adozione da parte delle genti locali della cultura materiale ma anche, e soprattutto, all’assunzione di consuetudini, modi di vita individuali e sociali, norme giuridico-amministrative, modelli economici, credenze religiose, fu lungo e graduale e poté dirsi pienamente concluso solo per quelle aree che furono più direttamente a contatto con le vie principali di comunicazione e più vicine ai centri municipali.

Fin dalla remota preistoria esistevano piste che collegavano il trentino alla pianura padana: lo rivelano gli insediamenti e i materiali archeologici ritrovati. È su di esse che i Romani, il commerciante prima, il militare poi, si spinsero trasformandole in vere e proprie strade che attraversavano rapidamente il massiccio alpino per giungere alle ampie pianure del Reno e del Danubio.

Strade che vennero a far parte dell’imponente rete viaria che univa l’Urbe a tutto l’impero e che ci sono note per il rinvenimento di molte lapidi militari e anche perché riportate dall’Itinerarium Antonini e dalla Tabula Peutingeriana, un itinerario scritto (itinerarium scriptum) il primo, disegnato (itinerarium pictum) la seconda, vere e proprie carte stradali di età romana.

È così che sappiamo che la regione era percorsa dalla Via Claudia Augusta nei suoi due rami: quello padano tracciato da Druso al tempo della guerra retica e sistemato dal figlio Claudio che, con inizio a Ostiglia sul Po, risaliva tutta la valle dell’Adige e, attraverso il Resia, si portava ad Augusta Vindelicorum (l’odierna Augsburg in Baviera); quello altinate che, partendo per l’appunto da Altino nella laguna veneta, per il Feltrino, Fonzaso e Lamon penetrava nel Tesino, percorreva l’Alta Valsugana e si congiungeva con il ramo padano all’altezza di Trento. […]