Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 3 – gennaio/febbraio 1989

di Piero Pruneti

Reperti in casa

A partire da questo numero i Lettori dispongono di un loro spazio, non a caso collocato all’inizio della rivista, volendo sottolineare l’importanza che Archeologia Viva dà alle opinioni e alle esigenze di chi la segue. Costruiremo così un periodico sempre più “vivo” e completo.

In questo rapporto diretto fra Archeologia Viva e i suoi Lettori si è tuttavia insinuato subito un vecchio problema, quello dei reperti archeologici che una grande quantità di persone tiene in casa: dal coccio all’oggetto integro e prezioso, da qualche pezzo a vere e proprie collezioni, dai ritrovamenti casuali a quelli metodicamente programmati, sino agli acquisti sul mercato clandestino. La casistica affiora sui tavoli della redazione con richieste di ogni genere legate al possesso di fatto di questi materiali. Rispondere a tante domande – a parte la grande mole della corrispondenza – non ci è facile, soprattutto perché molte di esse coinvolgono la natura e il ruolo stessi della rivista.

Assolveremo davvero alla nostra funzione mettendoci a datare e valutare reperti sparsi in migliaia di cassetti e bacheche domestiche, senza contare il problema metodologico di esaminare un pezzo attraverso una sommaria descrizione o una fotografia, prescindendo da ogni riferimento stratigrafico? Credo proprio di no.

Inoltre la “disponibilità” di Archeologia Viva non verrebbe per caso intesa come una implicita legittimazione di questo modo di appropriarsi dei materiali archeologici, i quali, oltre ad appartenere per legge allo Stato, perdono gran parte del loro valore documentario se studiati fuori dal proprio contesto di ritrovamento? Questi sono i dubbi. Veniamo alle certezze.

È certo che il possesso individuale di beni archeologici – insignificanti o preziosi che siano, sotto il duplice profilo scientifico e commerciale – è un fenomeno di massa. È certo che nella ricerca e nell’esercizio di tale possesso sono state insite molte ambiguità e una notevole crisi di fiducia nel rapporto fra il singolo cittadino e l’amministrazione statale.

È certo che in questo ambito l’unico ruolo di una rivista di archeologia responsabile e autorevole, cioè sensibile ai problemi reali della gente da un lato e, dall’altro, a quelli imprescindibili della salvaguardia patrimoniale e della ricerca scientifica nell’interesse della collettività, l’unico ruolo – dicevo – sarà quello di dare voce e fare chiarezza ad ogni livello del problema, di farsi punto di incontro e dialogo fra singoli, associazioni e Stato, di proporre interventi costruttivi.

Credo davvero che sulla base di queste certezze la rivista nei prossimo anni possa dare un contributo notevole all’archeologia italiana. Sarà un lavoro paziente e capillare, che porterà su queste pagine le opinioni di tutti gli interessati: “hobbysti”, soprintendenti, universitari, giuristi, ministri e – comunque – il pubblico dei semplici e disinteressati amanti dell’archeologia.

Quando cominciamo? Subito. Unica condizione: parlare con chiarezza, tutti, senza paure e senza minacce. E se ci sono scheletri negli armadi, che vengano fuori.

 

Vicino oriente

L’articolo centrale di questo mese è riservato alle importati ricerche condotte in Siria da una delle missioni italiane attive nel Vicino Oriente: sono lieto che il Professor Pecorella, da poco entrato nel nostro comitato scientifico, abbia scelto Archeologia Viva per parlare dei risultati finora ottenuti con una esposizione particolarmente chiara, essendo lo scavo un tell materia abbastanza complicata da divulgare. Sull’argomento abbiamo organizzato un incontro a Firenze – si veda la rubrica Notizie – al quale spero di incontrare molti di voi.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”