Etruschi: Chiusi Siena Palermo Grandi collezioni

etruschi civiltà e archeologia: chiusi siena palermo

Archeologia Viva n. 125 – settembre/ottobre 2007
pp. 34-39

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

Tre centri italiani sono protagonisti di un grande evento culturale che arricchisce in modo determinante le conoscenze sulla civiltà etrusca: la vicenda emblematica della splendida Collezione Bonci Casuccini emigrata nel capoluogo siciliano e ora in mostra a Siena e nella città di origine

Della collezione e dei collezionisti parliamo con uno dei più autorevoli etruscologi viventi: Giovannangelo Camporeale

D: Le collezioni dei latifondisti… Come nasce il fenomeno?

R: In realtà nei terreni dei grandi proprietari terrieri si sono sempre verificati ritrovamenti fortuiti: un fatto inevitabile, vista l’imponente stratificazione di civiltà che contraddistingue la Penisola. I contadini raccoglievano i pezzi e li consegnavano ai loro padroni. Anche in Toscana e a Firenze dal Quattrocento all’Ottocento abbiamo una serie di collezioni, appannaggio di prelati, eruditi, signori, artisti. L’artista raccoglie i materiali per ispirarsi. Il latifondista lo fa per investimento ed è pronto a venderli al miglior acquirente… In ogni caso, fra il XVIII e il XIX secolo, il periodo che ora interessa per parlare della Collezione Bonci Casuccini, avere una raccolta di oggetti antichi diventa una questione di status, di prestigio sociale.

D: Qual è la posizione degli studiosi su questo fenomeno del collezionismo? Si rimpiange la documentazione distrutta, visti i metodi sbrigativi di una volta, o si prova gratitudine per aver conservato questo immenso patrimonio di testimonianze e, alla fine, di avercelo comunque riconsegnato?

R: Oserei dire l’una e l’altra cosa. Tutti sappiamo che in questi scavi, fino alla metà dell’Ottocento, si mirava al solo recupero dell’oggetto. Si arrivava a segare due pezzi di opere diverse per farli combaciare e poi creare un pezzo unico. Questo perché un pezzo intero faceva più effetto e sul mercato valeva molto di più di due frammenti.

Oggi, abituati come siamo al senso storico, guardiamo al reperto come a un documento, la almeno fino all’Ottocento non è stato così. Mancava un metodo scientifico di ricerca. E non possiamo certo farne una colpa ai raccoglitori di un tempo. C’è poi anche un senso di gratitudine: se tante collezioni, che oggi formano i nuclei storici dei nostri musei, sono rimaste complete – e non smembrate, come poteva succedere e in certi casi è successo – lo dobbiamo a questi nostri collezionisti. […]