Archeologia Viva n. 124 – luglio/agosto 2007
pp. 20-31
di Gian Luca Bonora
Cimmeri Sciti Sarmati Unni Avari… l’immagine antica dei popoli nomadi in “continuo” arrivo da oriente fu condizionata dalla prospettiva con cui essi furono “visti” dagli storici greci a partire da Erodoto: genti esterne al mondo civile e tuttavia affascinanti come forze primordiali
Non hanno lasciato testimonianze di città monumentali o testi scritti ma la loro storia e la loro cultura ci sono meravigliosamente giunte tramite i preziosi corredi rinvenuti nelle tombe dei principi
Della più famosa popolazione della storia, gli Sciti, si legge nel quarto libro delle Storie di Erodoto (V sec. a.C.), forse la fonte più antica che ne tratti ampiamente.
Dei loro predecessori nelle steppe dell’Europa orientale, i Cimmeri, è addirittura Omero a informarci, descrivendoli «coperti di nubi e nembi», parole che rispecchiano quanto a tutt’oggi si conosca di questa gente che nei primi secoli del I millennio a.C. occupò le terre a nord del mar Nero, fino a quando, a fine VII sec. a.C., non fu cacciata dagli Sciti, provenienti dalle remote terre dell’Asia centrale e della Siberia meridionale.
Erodoto evidenzia la coscienza che gli Sciti avevano di sé: diffidenti verso le culture limitrofe, una lingua di origine iranica ma senza scrittura, un’organizzazione politica fondata sulla regalità che esercita il potere su gruppi di agricoltori, commercianti, allevatori transumanti e nomadi con stili di vita adatti a differenti funzioni economiche, con una religione e una mitologia in comune.
Gli Sciti: rilettura di un popolo “nomade”
La geografia del popolamento scitico è già espressa nel testo di Erodoto, ma ora possiamo individuarla sulla base delle tombe monumentali, i kurgan. Partendo da Olbia, percorrendo le coste settentrionali e occidentali del mar Nero, Erodoto visita alcune città come Panticapeo e Sinope, descrivendo i fiumi e i gruppi tribali scitici che incontra nel suo cammino. […]