Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 124 – luglio/agosto 2007

di Piero Pruneti

Riportiamo in questo numero la “notizia” di una catastrofe nella preistoria, rilevata dalla sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Si tratta del più sconvolgente maremoto documentato nel Mediterraneo, per fortuna avvenuto ottomila anni fa, quando il popolamento costiero era insignificante, almeno rispetto ai parametri attuali. Ai tempi nostri sarebbero stati milioni di morti (una consolazione che certo non rassicura…).

La scoperta del INGV, visualizzata in una splendida ricostruzione di fasi dello tsunami che in poche ore spazzò il Mediterraneo dalla costa orientale della Sicilia fino all’Asia Minore, si basa su rilievi strumentali effettuati sul fondo del mare che non lasciano dubbi, consentendo di calcolare il volume della frana scesa dall’Etna, l’impatto nello Ionio e il conseguente pauroso moto del mare.

Ma la di là della dinamica di questa lontana vicenda – ormai ben chiarita in quasi tutti i suoi termini – mi preme sottolineare un fatto: le grandi catastrofi non si inventano. Se si sono verificate, se ne ritrovano i segni, le evidenze misurabili, tanto più per i tempi storici o della immediata preistoria, relativamente vicinissimi a noi.

Quante volte, di fronte alla scomparsa di una civiltà, si è ricorsi all’ipotesi del disastro naturale: terremoti, maremoti, diluvi, meteoriti… Si tratta certo di eventi plausibili, per il semplice fatto che sul nostro pianeta si possono verificare in ogni momento, ma che lasciano tracce ormai ben individuabili da gruppi interdisciplinari d’indagine (geologi, biologi, archeologi…).

Ultimamente, da Santorini alla Sardegna, vanno di moda spiegazioni storiche a base di tsunami terrificanti

Allora bisogna intendersi: chi vuole ricostruire il passato prendendo le scorciatoie dell’immaginazione per risolvere i quesiti ancora irrisolti – in tal caso non sono pochi neppure quanti suggeriscono interventi di forze extraterrestri o soprannaturali – è libero di farlo, suggerendo ipotesi affascinanti, qualche volta utili a farci riflettere, ma che appartengono all’ambito narrativo, non a quello scientifico, e che tanto meno possono pretendere di essere accettate per prove. Come bene hanno evidenziato gli scienziati dell’INVG, uno tsunami, se c’è stato, si vede (non si immagina), al punto da individuare le cause e misurare gli effetti. Ancora una volta è questione di paziente, silenzioso, metodo.

Piero Pruneti 

direttore di “Archeologia Viva”