Incontro con Gianfranco Purpura La voce della storia

Archeologia Viva n. 121 – gennaio/febbraio 2007
pp. 84-86

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«I gruppi umani hanno sempre avuto bisogno di regole che sono state osservate anche quando non venivano scritte»

«Nel mondo arcaico contavano gli uomini gli atti i gesti la parola»

«Con Diocleziano prese avvio una concezione autoritaria alla quale si adeguavano funzionari e giuristi esecutori della volontà imperiale»
«La “fonte” è una metafora che deriva da un’antica concezione comune ai Romani e agli Arabi»
«Nell’impero romano si realizzò un ideale di pace e armonia…»

Siamo a Ustica. Inizi di settembre. Tempo splendido dopo i temporali e le libecciate di fine agosto. Gianfranco Purpura insegna da quindici anni nei corsi di archeologia subacquea che Archeologia Viva organizza ogni estate sull’isola.

Esemplare di palermitano che non si lascia scalfire dal tempo, instancabile in terra (durante le lezioni, i sopralluoghi) e in mare (nelle immersioni interminabili e profondissime che affronta ogni giorno), si concede per l’intervista riposandosi sulla terrazza del villaggio che ci ospita. Sole abbagliante, rocce vulcaniche, mare turchino sullo sfondo, caldo… È il suo mondo.

Gianfranco si sente in gran forma. Un’intervista a me? Per dire cosa? Poi abbiamo dovuto tagliare… Dalla modestia dello studioso è uscito un quadro storico di grande respiro.

Purpura è ordinario di Diritto romano e Diritti dell’antichità all’Università di Palermo. Nel medesimo ateneo insegna anche Esegesi delle fonti del diritto romano, interessandosi di papiri, amministrazione tardoromana, diritto commerciale e marittimo. È direttore del Dipartimento di Storia del diritto e membro del consiglio di presidenza dell’Istituto italiano per la civiltà egizia (Iice).

Si occupa di Archeologia sottomarina, pubblicando lavori ed effettuando ricerche soprattutto lungo le coste della Sicilia occidentale. Ha curato la sezione archeologica del Museo di Terrasini e allestito il settore archeologico subacqueo dell’Antiquarium di Imera. La lista degli impegni è lunghissima. Quella delle pubblicazioni pure. Chi è interessato può digitare su Google il nome del professore.

D: Qual è il più antico documento scritto che regola i rapporti sociali di cui siamo a conoscenza?
R: Il più noto è certamente il codice di Hammurabi. Una raccolta di “leggi” stilata nel XVIII sec. a.C. durante il regno del celebre sovrano babilonese, ma è probabile che già da prima esistessero dei “codici”, come quello di Gudea, principe sumerico del XXII sec. a.C., o di Lipit-Ishtar, re di Isin, che governò nel XX sec. a.C.

Occorre però chiarire che i “codici” mesopotamici, a differenza dei moderni, non raccoglievano precetti formulati in maniera generale e astratta, ma indicavano specifici casi che il potere aveva risolto per assicurare l’equità, talvolta non senza contraddizioni, tra una soluzione e un’altra.

Se oggi nei moderni codici troviamo la norma già pronta per essere applicata, nel “codice” antico la regola da seguire doveva essere ricavata, desumendola dai casi offerti nel testo. I primi codici moderni, frutto del sogno illuministico di porre regole razionali, generali e astratte, prevedendo un ordinamento senza lacune e contraddizioni, compaiono solo alla fine del Settecento. […]