Cenomani: chi erano costoro? I Celti e le falere di Manerbio

cenomani civiltà

Archeologia Viva n. 121 – gennaio/febbraio 2007
pp. 62-75

di Venceslas Kruta e Francesca Morandini

Il gruppo di genti note come Cenomani che all’inizio del IV secolo a.C. valicò le Alpi e si stanziò a nord del grande fiume fra Brescia e Verona più di altri popoli scesi nella Penisola è rimasto avvolto nel mistero delle proprie origini e della propria realtà storica

Ma è una nebbia che l’archeologia sta diradando tramite lo studio delle testimonianze emerse e di cui sono un esempio straordinario le splendide bardature da cavallo ora esposte a Manerbio

La ricerca sulla presenza di popolazioni celtiche in Italia per molto tempo ha avuto come unico punto di partenza i racconti degli storici antichi sull’invasione che dalle regioni al di là delle Alpi portò i Celti fino a Roma ed ebbe come conseguenza l’occupazione di estesi territori a sud del Po.

In particolare, il ben noto passo di Tito Livio (Historiae, V, 33-35), a prima vista il più dettagliato e ricco d’informazioni, divenne oggetto d’innumerevoli studi analitici mirati a stabilire uno schema storico compatibile con le testimonianze archeologiche.

Queste ultime furono tuttavia studiate senza che si fosse tenuto conto della loro capacità intrinseca di essere una fonte storica indipendente: i materiali erano semplicemente usati per illustrare l’interpretazione dei testi.

Dall’altra parte, per gli archeologi d’Oltralpe il ruolo dell’Italia sembrava essersi esaurito con l’attribuzione ai Celti, nel 1871, di materiali rinvenuti negli scavi della città etrusca di Marzabotto, nelle vicinanze di Bologna, e con la loro collocazione cronologica nella cultura della seconda età del Ferro detta “lateniana”, cioè nella seconda metà del I millennio a.C.

La presenza celtica nella Penisola sembrava dunque un fatto periferico, episodico, che non poteva fornire dati rilevanti per il mondo al di là delle Alpi, a parte qualche sporadico aggancio alla cronologia mediterranea.

Isolate così dal contesto generale dello studio della civiltà celtica, le vestigia peninsulari rimanevano, a parte rare eccezioni, marginalizzate e non sufficientemente confrontate con l’evoluzione della ricerca transalpina in questo campo. Ne risultava una situazione di stagnazione, durata fino all’ultimo quarto del Novecento. […]