Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 121 – gennaio/febbraio 2007

di Piero Pruneti

La scoperta dell’antica Amyclae, sulle alture che sovrastano la piana di Fondi, in Lazio, ha il sapore romantico dei tempi andati, di quando per l’archeologo era normale individuare “città sepolte” nel grande mare di un patrimonio di testimonianze ancora abbandonate e dimenticate, secondo il destino che l’uomo, fino all’età moderna, ha riservato ai propri mezzi materiali una volta privi di utilità.

L’interesse per l’antico e la ricerca cominciano con il Rinascimento e arrivano fino a noi senza soluzioni di continuità, toccando l’apice proprio nei tempi che stiamo vivendo: i tempi dell’”archeologia intensiva”. Ma mentre la ricerca avanza con metodiche e strumenti invisibili a occhio nudo – come succede nelle migliori indagini di polizia, dove “niente viene tralasciato” – dopo secoli di “scrematura” si riscontra forzatamente una drastica riduzione delle “macroscoperte”, le scoperte sensazionali, quelle capaci di “risolvere” quesiti storici, di toccare l’immaginario collettivo, di far sognare gli ammiratori di Indiana Jones.

Scoprire una città, che si sa essere esistita perché gli antichi ne parlano, appartiene a quest’ordine di grandezza ed è un’emozione che tocca a studiosi fini, ai caparbi, ai ricchi di fiuto, che siano anche un po’ fortunati. È l’emozione che hanno vissuto i fratelli Castiglioni nel febbraio del 1989 quando si imbatterono sulle rovine di Berenice Pancrisia ricordata da Plinio.

Ora è il coronamento delle lunghe indagini condotte sul territorio da Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli insieme agli studenti delle rispettive università, quasi sicuri ormai di avere individuato una grande città nel Lazio antico, mitica già duemila anni or sono, perché già a quell’epoca “sepolta”, ricordata solo dai testimoni del tempo, gli autori che ne avevano sentito parlare. Una città fantasma ancora ai tempi di Roma repubblicana.

Gli scopritori di Amyclae – mi fa piacere ricordarlo – sono fra i collaboratori storici di Archeologia Viva e hanno scelto di la nostra rivista per documentare l’esito dei loro studi. Ma le scoperte presentate in esclusiva su questo numero non finiscono qui: si vedano l’articolo di Alfredo e Angelo Castiglioni su altre straordinarie imprese nei deserti nubiani e i risultati della missione italo-russa nella lontanissima, quasi irraggiungibile, penisola dei Chukchi…

Piero Pruneti 

direttore di “Archeologia Viva”