Se a Bologna il museo scende in strada… Futuro del passato

Archeologia Viva n. 119 – settembre/ottobre 2006
pp. 68-72

a cura di Riccardo Merlo

Si chiama “Cirenaica” il popolare quartiere del capoluogo emiliano dove si sta vivendo un esperimento destinato a fare scuola:

la riqualificazione dello spazio urbano tramite un arredo che è anche un percorso archeologico alla scoperta degli antenati del luogo e della città

L’aggressività diffusa, la perdi­ta di relazioni solidali e del piacere di stare insieme sono segnali di crisi per le nostre città, dove la gente sente ostili i luoghi del vivere, non riconoscendoli come parte di sé. Le scienze storiche, l’archeologia in particolare, possono contribuire a contrastare questo sgretolamento con la riscoperta di lontane radici comuni. Si rafforza così quel senso d’identità che rende le persone consapevoli dei legami col territorio.

In questa chiave può essere letta l’iniziativa del Museo civico archeologico di Bologna di espandersi nelle strade e nelle piazze, in questo caso allestendo nello stesso luogo in cui quasi un secolo fa venne portata alla luce la necropoli villa­noviana di San Vitale, l’esposizione stabile di una fase significativa della formazione della città etrusca.

La memoria di quella corte alberata

Il quartiere in questione fu edificato tra il 1918 e il 1940 in attuazione del primo Piano regolatore di Bologna (1889), ai margini orientali del centro storico, a ridosso della ferrovia. L’impianto stradale era stato impostato in concomitanza dell’occupazione italiana della Libia (1911-1912), per questo furono assegnati nomi di località e città libiche.

In seguito la toponomastica colonialista fu sostituita, ma i bolognesi tuttora chiamano “Cirenaica” questa parte della città, caratterizzata da case di edilizia popolare a schiera e a corte, abitate da un modesto ceto medio.

Oggi la “Cirenaica” soffre per l’impoverimento di infrastrutture commerciali e di servizio contestuali all’invecchia­mento della popolazione, e tuttavia manifesta una vitale capacità di autoorganizzarsi in associazioni di quartiere, mercatini rionali, bar e trattorie dove la gente s’incontra. […]