Villa dei Papiri: nuovi scavi a Ercolano Grandi scoperte

Archeologia Viva n. 118 – luglio/agosto 2006
pp. 28-39

di Rosaria Ciardiello

Quella che fu una delle residenze più lussuose e raffinate della romanità è archeologicamente nota con il nome che le deriva dal tesoro più prezioso che ci ha lasciato: circa duemila rotoli di papiri che formavano la biblioteca filosofica del colto proprietario

Dopo due secoli e mezzo dai primi scavi una recente campagna d’indagini ha ampliato le conoscenze sul grandioso complesso che continua a riservare sorprese

È il 25 aprile 1750 quando l’ingegnere militare Roque Joachim de Alcubierre scrive da Ercolano a Carlo III di Borbone che, attraverso un oscuro pozzo di venticinque metri, è stato scoperto un prezioso pavimento in opus sectile, «costituito da ventidue circoli che si impiccioliscono a misura che si avvicinano al centro, fatto di pezzi cuneiformi di marmo africano e giallo antico alternatinsi».

Il re di Napoli, esaltato dalla scoperta, dette allora inizio all’impresa più memorabile della storia dell’archeologia: lo scavo della Villa dei Papiri. Intorno al pozzo venne approntato un enorme cantiere diretto dallo svizzero Karl Weber.

Con l’ausilio di centinaia di ergastolani e condannati a morte – costretti a lavorare in condizioni estreme, attraverso pozzi bui, gallerie anguste e senz’aria, sotto l’incombente minaccia di frane ed esalazioni – furono portati alla luce inestimabili tesori d’arte e migliaia di papiri.

Inoltre, vennero esplorate le strutture più significative di uno straordinario complesso residenziale che si estendeva per duecentocinquanta metri parallelamente alla linea di costa e che comprendeva un quartiere di abitazione, una biblioteca, un ampio giardino, un peristilio di cento metri con venticinque colonne sui lati maggiori, una piscina di sessantasei metri e un belvedere.

Lo scavo fu interrotto nel 1765 con molti settori ancora da esplorare, quando alla sopraggiunta carenza di risorse e alla partenza di Carlo III per la Spagna si aggiunsero le esaltazioni mefitiche e le frane nelle gallerie che ne resero impossibile la prosecuzione.

Le recenti esplorazioni, condotte tra il 1996 e il 1998, hanno finalmente portato alla luce, dopo due secoli e mezzo, l’atrio con gli ambienti adiacenti impreziositi da raffinati pavimenti a mosaico e fini decorazioni pittoriche in secondo stile realizzate tra il 60 e il 40 a.C., la terrazza porticata affacciata sul mare e la basis villae, ovvero il basamento artificiale sul quale si impiantano le strutture architettoniche dell’interno complesso. […]