Incontro con Paolo Matthiae La voce della storia

Archeologia Viva n. 117 – maggio/giugno 2006
pp. 70-71

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«La scoperta degli archivi di Ebla è di quelle che non si ripetono per generazioni»

«Una delle prime città del mondo che non sorse sulle rive di un fiume»
«Le rovine mesopotamiche sono fatte di terra e mancano di spettacolarità»
«Ma lì c’è la prima storia del mondo»
«Senza controllo del territorio il patrimonio culturale non sopravvive»
«L’Iraq è diventato una cava di reperti»

Incontriamo Paolo Matthiae e inevitabilmente parliamo di Ebla. Questa grande scoperta archeologia del XX secolo è la sua delizia e un po’ la sua croce. All’inizio con il professore ti riguardi a toccare l’argomento. Da quarant’anni tutti quelli che lo avvicinano gli chiedono la stessa cosa (lui ci lavora dal 1964, l’identificazione della città è del 1968). Così quando vedi Matthiae fai finta di pensare ad altro, cerchi di parlare dei problemi della “Sapienza” – da qualche tempo è prorettore con delega ai rapporti con le istituzioni culturali –, di come va il mondo dalle parti dell’Islam, se a Gerico riprendono le ricerche italo-palestinesi interrotte dalla seconda intifada, come procede la missione italo-giordana nello Wadi Yabis… ma alla fine si torna sempre lì, a Ebla, il vero “grande amore” della sua vita, il suo destino.

Paolo Matthiae è ordinario di Archeologia e storia dell’arte del Vicino Oriente antico, nonché membro dell’Accademia dei Lincei, delle accademie di Francia, d’Austria, Svezia, Baviera e dell’istituto archeologico germanico. Ha fondato e dirige le riviste scientifiche «Studi Eblaiti», «Contributi e materiali di Archeologia orientale», «Scienze dell’Antichità» e le serie di pubblicazioni Archivi Reali di Ebla. Testi e Materiali e studi archeologici di Ebla. Ha ideato e organizzato la grande mostra Ebla, alle origini della civiltà urbana (Roma e Trieste 1995) e il primo Congresso internazionale di Archeologia del Vicino Oriente antico (Roma 1998). È autore di numerose opere, tra cui: Ebla, un impero ritrovato, Einaudi 1977, 1989, 1995; I testi di Ebla, Laterza 1984; Il sovrano e l’opera. Arte e potere nella Mesopotamia antica, Laterza 1994; L’arte degli Assiri. Cultura e forma del rilievo storico, Laterza 1996; Ninive, Electa 1998; la monumentale Storia dell’arte dell’Oriente antico, in quattro volumi, Electa 1996-2003. L’ultimo libro, ancora con Laterza, è Prima lezione di archeologia orientale, uscito nel 2005. Per Archeologia Viva ha pubblicato articoli (vedi AV nn. 38, 50, 65, 75, 76, 101) ed è intervenuto più volte agli incontri nazionali con i lettori. È di questi giorni l’appuntamento del 19 maggio a Firenze per il 25° anniversario della rivista.

D. Tentiamo un viaggio nel tempo. Ormai mezzo secolo fa. Quelo che si dice l’inizio di una carriera…

R: La mia esperienza di archeologo comincia con una passione per la civiltà antica più affascinante in assoluto, soprattutto quando si è giovani, quella dell’antico Egitto. Verso i quattordici anni, mentre i testi latini e greci mi annoiavano non poco, gli interessi del mio tempo libero erano rivolti verso una cosa “bizarra”, la scrittura geroglifica egiziana. Poi all’Università “La Sapienza”, dove ho studiato, sono venuto a contatto con grandi maestri dell’archeologia dell’Oriente antico.

Il momento era favorevole. Per la prima volta nei nostri atenei, parlo della fine degli anni Cinquanta, si cominciava a insegnare discipline pertinenti a queste civiltà che erano un po’ estranee alla tradizione culturale italiana, da sempre dominata dal mondo greco-romano. Mi resi conto che la conoscenza del Vicino Oriente antico presentava delle lacune notevoli, per cui scelsi di dedicarmi alla riscoperta di quest’ultimo.

In realtà anche dell’Egitto resta molto da capire, ma i mondi dell’Asia occidentale, cioè le moderne regioni della Siria, del Libano, della Turchia, dell’Iraq, della Palestina, d’Isaele, sono molto più misteriosi sotto il profilo storico-archeologico. […]