Quando archeologia fa rima con ironia A proposito di...

Archeologia Viva n. 116 – marzo/aprile 2006
pp. 68-72

di Maurizio Martinelli

Racconti fumetti e spettacoli cabarettistici aiutano l’archeologia e gli archeologi a ridere di se stessi

con indubbi vantaggi per un rapporto confidenziale fra il grande pubblico e una disciplina altrimenti “seria” portata ad autoreferenziarsi

A partire dalla metà del XX secolo le ricerche archeologiche hanno assunto i connotati di “scienza esatta”, spesso multidisciplinare, sempre più basata – come la nostra vita quotidiana – sulla tecnologia.

gli studi storici di taglio umanista, ai compendi globali sulle civiltà antiche (i “grandi affreschi”), si sono sostituite indagini sempre più segmentate e circoscritte, nelle quali la più ridotta estensione del tema consente risultati con maggiori dettagli.

Questi contributi, come tessere di un mosaico, vengono talora raccolti in opere di sintesi dove gli studi degli specialisti (in archeobotanica, dendrocronologia, paleozoologia, paleobiologia, antropologia, storia della tecnologia, geologia, statistica, numismatica, e chi più ne ha più ne metta…) danno vita ad analisi complete e affidabili, sia di taglio scientifico, per il settore degli “addetti ai lavori”, sia di taglio divulgativo, per un pubblico sempre più ampio di “archeomani”.

Questa ricerca sempre più spinta dell’esattezza tecnicoscientifica ha talvolta toccato qualche eccesso, com’è accaduto in alcuni studi talmente specifici da renderli talora fruibili pressoché soltanto per coloro che li avevano predisposti.

In passato questo tipo di approccio aveva generato un sospettoso distacco del grande pubblico dall’archeologia, vista come disciplina riservata a studiosi persi in cervellotiche elucubrazioni attorno a “cocci” e frustuli insignificanti. Solo in anni relativamente recenti si è diffusa una mentalità più aperta alla didattica, con iniziative di divulgazione di cui questa stessa rivista costituisce il primo e più valido esempio. […]