Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 116 – marzo/aprile 2006

di Piero Pruneti

Siamo entrati nel venticinquesimo anno. La nostra rivista ha toccato il quarto di secolo. Quando nel febbraio del 1982 uscì il primo numero si trattò di un tentativo. In Italia non esistevano periodici di archeologia per lettori che non fossero specialisti.

All’epoca gli archeologi si parlavano fra loro in un linguaggio tecnico incomprensibile. Alcuni ci tentano ancora, ma sono quelli che non hanno le idee chiare. Sì, prima di ogni altra cosa, questi venticinque anni sono stati l’affermazione del diritto della gente comune a capire quanto altri, con i soldi di tutti, stavano riportando in luce della memoria collettiva.

Poi, è evidente, ci sono state le scoperte che hanno arricchito in misura decisiva la ricostruzione del passato, i restauri, le inaugurazioni di parchi e musei, e anche una lenta ma decisiva trasformazione nelle modalità di gestione del patrimonio.

Basta sfogliare le annate di Archeologia Viva per rendersene conto. Insomma sono venticinque anni che si vedono sotto tutti gli aspetti.

Si vedono purtroppo anche le carenze croniche, gli errori e le occasioni mancate, ed è su questi che dobbiamo puntare il dito. Siamo certamente il Paese con la maggiore concentrazione di beni culturali, sempre retoricamente sbandierati come “il nostro petrolio”, ma anche quello dove l’investimento pubblico nel settore è in caduta libera: lo si nota soprattutto nella manutenzione ordinaria, nel catalogo, nella riduzione e nell’invecchiamento del personale addetto (continuando di questo passo le soprintendenze scompariranno per esaurimento…).

Siamo anche il Paese dove, almeno negli ultimi tempi, si sono fatti giganteschi passi indietro nella tutela, arrecando colpi bassi alle leggi di protezione dell’ambiente e dei beni culturali, che costituivano un modello a livello europeo. Dove in venticinque anni si è costruito abusiva­mente, condonato, ricostruito e ricondonato, dando ragione all’Italia dei furbi. Siamo anche il Paese con i maggiori chilometri di costa e senza una politi­ca per l’archeologia subacquea.

Forse anche quello che nella Ue ha accumula­to il massimo di disoccupazione archeo­logica, con facoltà di beni culturali che continuano a sfornare eserciti di preten­denti alla ricerca e allo studio del nostro passato, che rimarranno totalmente delusi. Non dell’archeologia, ma di chi pretende di governare.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”