Archeologia Viva n. 115 – gennaio/febbraio 2006
pp. 68-73
Un uomo tra venticinque e trentacinque anni e una donna adulta sono stati ritrovati inumati insieme l’uno prono sull’altra
La scoperta è di straordinaria imporanza avendo restiutito uno dei rari casi di nanismo documentati dall’archeologia
Davvero sorprendente è il caso, unico nel suo genere, di una deposizione con due inumati di sesso diverso, di cui uno rivela una malformazione da nanismo.
La scoperta (1998) è avvenuta a Cividale del Friuli (Ud) all’interno di una tomba di età tardomedievale o prerinascimentale presente sopra agli strati della necropoli longobarda di San Mauro e ci offre una delle poche testimonianze antropologiche e paleopatologiche di individui nani.
Al momento, si tratta del secondo caso in Italia di nanismo archeologicamente documentato per un’età precedente all’evo moderno. Il primo fu riscontrato nel 1963 da Paolo Graziosi nella grotta del Romito, a Papasidero (Cs): un individuo risalente alla fine del Paleolitico superiore (oltre 11.000 anni fa), subito definito “il nano più antico al mondo”.
Secondo alcuni autori il nano preistorico del Romito era affetto da displasia acromesomelica, una malformazione genetica con caratteristiche particolari su gran parte dello scheletro, dove i segmenti intermedi delle ossa risultano accorciati, nell’ambito di una statura non superiore al metro e trenta, che tuttavia conserva le debite proporzioni (è la tipologia di nanismo di coloro che popolarmente vengono definiti “omini”, in quanto piccoli ma proporzionati).
Il nostro nano medievale è, invece, inquadrabile nell’acondroplasia, una malformazione anch’essa di origine genetica, ma in cui le ossa lunghe degli arti inferiori, che presentano una curva accentuata, e quelle degli arti superiori sono sproporzionate rispetto al tronco che è normale.
Tanto per intenderci, possiamo immaginare il nano di Cividale come uno di quelli che vediamo nei cerchi, le gambe arcuate che poggiano sulla superficie di camminamento con l’esterno della pianta del piede, testa con bozze voluminose, tronco robusto.
Struttura di un nano acondroplastico
La sepoltura in cui è stato rinvenuto il nano di Cividale consiste in una semplice fossa scavata nella terra, priva di recinzione. In base alle osservazioni tafonomiche si esclude anche che per l’inumazione soia stata utilizzata una cassa di legno. Vi furono deposti due inumati: il corpo dell’uomo affetto da nanismo, orientato a sudovest, era in posizione prona sopra alla donna, che però era disposta al contrario, con la testa orientata a nord.
Lo scheletro del nano, alto fra un metro e quindici e un metro e venti, si presentava con il cranio esposto posteriormente (prono), l’arto superiore sinistro flesso sul torace, il destro steso lungo il fianco e gli arti inferiori estesi. Da un esame dei frammenti del neurocranio, ci troviamo di fronte a un soggetto brachicefalo con un forame occipitale ristretto e un limitato sviluppo del sistema facciale, in particolare dell’apparato dentario; il tronco, relativamente sviluppato, si presenta con un rachide (la colonna vertebrale) che denota scoliosi di media gravità; il bacino è ristretto e le ali degli ilei sono tozze e verticali. Tutti gli arti sono brevi. In particolare […]