Archeologia Viva n. 115 – gennaio/febbraio 2006
pp. 58-62
di Fabrizio Paolucci
Nella cittadina lombarda affacciata sul fiume che da sempre ne ha segnato il destino
sono tornate in luce testimonianze che fanno emergere una lunga storia di luogo di frontiera con momenti di particolare rilievo fra la tarda Antichità e l’alto Medioevo
È una terra segnata dall’acqua quella in cui sorge il centro di Cornate. Il territorio, ai piedi delle ultime ondulazioni della Brianza e a ridosso delle marcite della Bassa, è segnato da una ragnatela di torrenti che confluiscono nell’Adda, il grande fiume che per lungo tempo ha segnato un’invalicabile barriera.
Non a caso, qui, per secoli, è passato il confine fra il Ducato di Milano e la Repubblica Veneta (Lorenzo Tramaglino, ne I promessi sposi, attraversa l’Adda per mettersi in salvo…) e, nei turbolenti anni del tardo impero, proprio questo fiume segnò l’estremo ridotto difensivo a protezione di Milano (capitale dal 268 al 402 d.C.), esposta alle incursioni dei barbari da Oriente.
In una terra di fiumi come questa, i ponti e i guadi rivestono una decisiva importanza strategica. Non è quindi un caso che anche la storia di Cornate sia legata a un non lontano passo sull’Adda nei pressi della località Porto. Proprio da qui passava, sin dall’età romana, una strada secondaria, che metteva in comunicazione l’Est e l’Ovest della Penisola, il Veneto con la lontana Liguria, seguendo, probabilmente, tracciati noti sin da età protostorica.
Il territorio di Cornate beneficiò quindi, sin dal I sec. a.C., di una via commerciale, che garantì la prosperità del luogo e favorì il diffondersi degli insediamenti. Per molto tempo, però, l’unica traccia archeologica della presenza romana in questi luoghi è rimasto un cippo, con dedica alle Matrone, triade di divinità femminili di origine celtica, originariamente murato nel campanile della chiesa di San Giorgio. […]