Archeologia Viva n. 114 – novembre/dicembre 2005
pp. 20-33
di Eugenio Lo Sardo
Il contributo del mondo greco nel settore della ricerca scientifica è stato fondamentale per lo sviluppo tecnologico dell’umanità
tanto che secondo alcuni ci mancò poco che la macchina a vapore non vedesse la luce con duemila anni di anticipo
Ecco un percorso di riflessione – documentato a pieno nella mostra in corso all’Archeologico di Napoli – dove il passato ci appare davvero di un’attualità strabiliante
In pochi anni Alessandro il Macedone conquistò sconfinate regioni, dalle rive del Mediterraneo fino alla valle dell’Indo. Grazie a lui la gente greca dominò su innumerevoli popoli e quella cultura, nata nelle minuscole poleis, interagì con antichissime civiltà, spesso estranee e lontane.
Fu un momento splendido per la scienza, perché il tesoro di saperi accumulato nei secoli si riversò in un’unica grande matrice, che dette forma e slancio a molte e diverse esperienze. Alessandria, la metropoli sul delta del Nilo, si pose al centro di questo variegato universo.
Già in età romana molti, come Vitruvio e Petronio, lamentando una decadenza vera o presunta, affermavano di non capire ciò che era scritto nei testi dei matematici greci. Finché tutto fu avvolto dall’oblio e travolto dal crollo dell’impero. Molti secoli passarono prima che il mondo ellenico venisse scoperto da un’altra civiltà urbana, quella del nostro Rinascimento.
L’incontro produsse una meravigliosa esplosione: tutti avidamente leggevano i libri antichi, con i risultati che ancora vediamo. Galileo trovò in Aristarco di Samo le tesi eliocentriche e di Archimede scrisse innumerevoli parole di elogio. […]