Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 114 – novembre/dicembre 2005

di Piero Pruneti

C’è un’Italia destruens e un’Italia construens. C’è un Paese reale che distrugge il proprio patrimonio e un Paese che lavora per difenderlo e arricchirlo. Governi e amministrazioni danno una mano in un senso e nell’altro. Leggi fatte passare di recente hanno allentato i vincoli paesaggisti­ci, condonato scandalose aggressioni al territorio, ridotto le capacità operati­ve degli organi di controllo.

I beni cultu­rali sono sempre più trattati come merce, sempre meno per il valore intrinseco. A questo “andazzo” si è opposta una parte consistente di italiani: lo ha fatto e lo sta facendo a vari livelli di capaci­tà e di impegno, dalla raccolta di rifiuti abban­donati, al restauro di monumen­ti, soprat­tutto di quelli “minori”, più dimentica­ti e indifesi, alla elaborazio­ne di propo­ste e progetti di valorizzazio­ne.

Di questa schizofrenia nazionale fra “distrutto­ri” e “costruttori” voglio citare due esempi. Ustica e Itri. In un panorama di riserve marine esistente solo nelle campagne pubblicitarie del Ministero del­l’Am­biente, la piccola isola palermitana era l’unica davvero funzio­nante, con i servizi per i visi­tatori e la capillare attività di salvaguardia delle coste e dei fondali.

Da qualche anno la riserva marina di Ustica non esiste più. O, meglio, è diventata come le altre, un puntino sulla carta d’Italia: una riserva fantasma. Il Comune fa quello che può, ma le strutture operative sono state azze­rate. Per fortuna non manca­no gli esempi del Paese construens. In questo numero diamo spazio al caso di Itri, nel Lazio meridionale.

Qui il Comune e il Parco dei Monti Aurunci, con la parte­cipazione del­l’Università di Bologna, hanno messo in piedi un’operazione che in tempi ragionevoli ha ridato dignità a uno dei tratti più suggestivi e conserva­ti dell’Appia antica, che in quel punto corre all’interno di una gola dove gli ingegneri romani diedero il meglio di sé per riuscire a far passare la strategica arteria che portava a Brindisi.

In anni di completa disattenzione per il patrimonio questo monumento della natura e della storia era stato trasformato in una… discarica. La perdita della memo­ria gioca questi scherzi. Ora tutta l’area è stata ripulita, resta­urata, segnalata. Possiamo fare qualco­sa anche noi? Sì, andarla a visitare, contribuire a mantenerla in vita con un turismo intelligente. Attento alle buone scelte degli italiani “costruttori”.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”