Gran Mare di Sabbia: lontani misteri di un deserto Fra Egitto e Libia

sahara egitto

Archeologia Viva n. 113 – settembre/ottobre 2005
pp. 28-39

di Maurizio Damiano

Continua il “viaggio” alla scoperta della parte più misteriosa del Deserto Occidentale egiziano sulle tracce degli esploratori antichi e moderni che ne hanno tentato la traversata

Ci troviamo in una regione fra le più difficili del pianeta la cui conoscenza nonostante l’attuale supporto tecnologico non si è ancora conclusa
L’esperienza di un gruppo di Archeologia Viva guidato nel deserto dallo stesso autore delle ricerche

Già nelle pagine di questa rivista (AV n. 104) abbiamo visto cosa sia e come si sia sviluppato il Gran Mare di Sabbia, detto anche GSS, cioè Great Sand Sea, ovvero la parte più ampia del Deserto Occidentale egiziano a ovest delle oasi.

Qui dovevamo tracciare una breve storia della sua esplorazione e fornire alcuni cenni sui suoi principali misteri, ma nel frattempo ha avuto luogo l’indimenticabile viaggio di Archeologia Viva nello stesso Deserto Occidentale con una puntata nel GSS. Questo ci permette di fornire anche una breve relazione che dà all’articolo il vero spirito della rivista: l’archeologia vissuta, dai ricercatori e dagli stessi lettori.

La storia appassionante dell’esplorazione del GSS è narrata in numerosi resoconti. Sorvolando sulle ben note spedizioni di Cambise e di Alessandro Magno, entrambe alla volta di Siwa, va chiarito che troppo spesso noi occidentali abbiamo il grosso difetto di considerarci “scopritori” di cose che i locali conoscono da millenni. Dunque, prima di tutto, bisogna rendere omaggio ai primi veri, grandi esploratori del Deserto Libico: i Tebu.

Questi pastori nomadi (un tempo anche razziatori) sino agli inizi del secolo scorso erano tristemente noti agli abitanti delle oasi – di Dakhla in particolare – per le loro razzie; i Tebu colpivano e svanivano. Infaticabili e abilissimi navigatori del deserto, essi sapevano nascondersi in piccolissime “oasi” note solo a loro, quegli stessi minuscoli punti d’acqua che gli permettevano di collegarsi a tappe con la terra d’origine: la lontana – e ignota agli oasisti egiziani dell’epoca – terra di Uadai, nel Chad centrorientale.

I Tebu, che tutt’oggi vivono fra Libia, Chad e Sudan, fecero da guida al mercante-esploratore arabo Shehaymah, l’uomo che a partire dal 1809 aprì la pista transahariana fra lo Uadai e la costa libica  e da sud a nord. Ma il percorso sull’asse est-ovest del GSS rimaneva sconosciuto.

Un tentativo di violare la distesa di sabbia in questa direzione venne fatto nel 1846 da un altro carovaniere arabo di nome Hussein, che tentò una ricognizione dall’oasi libica di Khufra verso est, per cercare un itinerario che portasse a Dakhla, in Egitto, ma fallì e tornò indietro. […]