Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 112 – luglio/agosto 2005

di Piero Pruneti

Occhi aperti sui beni culturali! Le leggi che li riguardano sono materia tecnica, ostica alla maggior parte degli italiani. Ne consegue che la “vigilanza” tocca a settori ristretti della società: docenti universitari e insegnanti medi, operatori culturali ai vari livelli, dai soprintendenti ai funzionari archeologi, architetti, archivisti, storici dell’arte, bibliotecari…, il cosid­detto “esercito” del volontariato (capa­ce di coinvolgere decine di migliaia di persone), la gente (poca, rispetto alla massa) sensibile al futuro del patrimo­nio. Si tratta, per fortuna, di segmenti sociali che sanno parlare agli altri, farsi fonte d’informazione, diffondere l’allarme.

Il problema, al solito, è la “pressione” – ma chiamiamola pure “minaccia” – costante a cui i nostri beni sono sottoposti da parte di coloro che invece dovrebbero esserne i massimi garanti. Ricordate il famoso “silen­zio-assenso” dei sessanta giorni? Cioè quella norma, proposta dal governo per cui la vendita dei beni culturali e ambientali o la loro manomissione per l’esecuzione di opere pubbliche prevedeva un tempo di due mesi entro il quale le soprintendenze dovevano esprimere un giudizio di merito documentato, dopo di che sarebbe caduta automaticamente la tutela?

Era una norma assurda, perché oltre a costituire una spada di Damocle sospesa sul patrimonio – come se non bastassero abusivi e tombaroli da ogni parte – richiedeva da parte dei soliti uffici periferici del Ministero un servizio tecnico che questi, stante la situazione in cui versano, non sono assolutamente in grado di fornire in tempi così ristretti. Ora si è tornati all’attacco.

È stato approvato al Senato un dispositivo (comma 11, art. 5, legge 3344) che conferisce a un Commissario straordinario alle grandi opere pubbliche il potere di procede­re nell’esecuzione delle stesse dopo avere acquisito «il parere delle competenti amministrazioni, che deve essere espresso entro sessanta giorni dalla richiesta».

Di grandi opere finora se ne sono viste poche, ma i progetti, spesso di natura autostradale e ferrovia­ria, che quindi riguardano parti estese del territorio nazionale, sono lì che aspetta­no. Una norma che non lascia il tempo tecnico di valutare il patrimo­nio sotto rischio, in un Paese come il nostro, ad altissima concentrazione di beni cultu­rali e ambientali, non può che essere rifiutata dalla società civile.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”