Incontro con Andrea Carandini La voce della storia

Archeologia Viva n. 111 – maggio/giugno 2005
pp. 82-84

Intervista di Giulia e Piero Pruneti

«Un impero territoriale come quello romano per durare doveva espandersi e alla fine questo comportò un limite»

«Giusta o sbagliata che sia una forza imperiale deve avere una missione “civilizzatrice” altrimenti muore»

«Due sovrani di livello eccezionale: Tarquinio Prisco e Servio Tullio»
«Europa e Stati Uniti? Noi siamo la “Grecia”»
«Il progresso vero più che ricchezza dovrebbe dare felicità»
«Studiare la storia è un divertimento ma i giochi vanno saputi spiegare»

Questa intervista all’archeologo Andrea Carandini è stata registrata mentre il Professore, per suo conto, stava preparando l’articolo per Archeologia Viva sulle ultime scoperte relative alla Reggia dei re a Roma che compare in altra parte della rivista. Carandini appartiene a quella fortunata e piuttosto rara categoria di persone in cui la professione è una parte inseparabile dell’essere. I suoi scavi e le sue pubblicazioni fanno scuola. Le ultime scoperte suscitano polemiche all’interno della corporazione. Lui non si tira certo indietro e ribatte sicuro: «l’archeologia è scoperta, aggiornamento continuo delle conoscenze e io faccio solo il mio mestiere». […]

D: Nel corso di una vita da archeologo il suo interesse si è concentrato su momenti diversi della storia di Roma. C’è un periodo che, a ragion veduta, ritiene più interessante di altri?

R: Ho cominciato con la tarda antichità laureandomi con una tesi sulla villa del Casale di Piazza Armerina (IV sec. d.C.) e ho finito per dedicarmi allo studio delle origini di Roma, tra IX e VII sec. a.C. Ogni epoca della storia classica suscita in me un forte interesse, ma in questa fase della mia vita è l’età arcaica e alto arcaica quella che mi stimola di più. Vent’anni di ricerche sul Palatino ne sono la dimostrazione.

D: A proposito di origini, lei afferma e scrive che il mito diceva la verità anche sulla data di fondazione del 753 a.C.

R: Credo di poter argomentare in modo forte che fra i dati fondamentali della tradizione e i dati archeologici ci sia una convergenza. Direi che la data di fondazione dell’Urbe aleggia intorno alla metà dell’VIII sec. a.C. e non alla fine del VII o prima metà del VI come si è creduto fino a oggi.

Tutto è iniziato alla fine degli anni Ottanta, quando scoprimmo un muro della metà dell’VIII sec. a.C. alla radice del Palatino: qualcosa di analogo a quello costruito dal primo re di Roma, Romolo, secondo la tradizione. La notizia fece il giro del mondo finendo sulla prima pagina del «New York Times» – come sta accadendo anche alle più recenti scoperte – ma era solo l’inizio.

Oggi, dopo accurate indagini stratigrafiche, i risultati sono sensazionali: sul lato opposto del santuario di Vesta, ma sempre dentro il Santuario, è venuta alla luce una grande costruzione che secondo noi è la Reggia dei primi re di Roma. Si tratta di un palazzo situato fuori dalle mura palatine e che fa già parte del complesso del Foro romano, con un monumentale ingresso, sostenuto da due colonne in legno, dal quale si accedeva a un salone con bancone intorno alle pareti per i banchetti in cui si usavano ceramiche di grande qualità.

Un’abitazione così maestosa e interna al Santuario di Vesta è senza dubbio un palazzo reale. Infatti le vestali erano sottoposte alla patria potestà del re, unico uomo che in quel Santuario poteva abitare; d’altra parte gli antiquari romani ritenevano che Numa e Anco Marcio avessero abitato nel Santuario di Vesta.

Ma non è finita qui. Sul lato opposto della Reggia abbiamo rinvenuto una grande capanna ovale con focolari: era la prima casa delle Vestali, le sacerdotesse dedicate al culto di Vesta che dovevano tenere il fuoco sacro acceso durante l’anno. Infine nella documentazione archeologica di vecchi scavi è stata individuata una pavimentazione del Foro anteriore di una o due generazioni rispetto a quella che finora veniva considerata erroneamente come la prima.

La tradizione, come tutti sappiamo, situa la nascita di Roma nel 753 a.C. o in anni vicini. Adesso siamo in grado di confermare che la fondazione sarebbe avvenuta proprio intorno alla metà dell’VIII sec. a.C.; insomma, che la leggenda – almeno sul muro del Palatino e sul Foro: le due “grandi imprese” che il mito assegna all’eroe di Roma – diceva la verità.

D: Queste affermazioni sono state accettate di buon grado dai colleghi archeologi?

R: Assolutamente no. Anche perché gli studiosi più accreditati sono quelli che hanno più o meno la mia età e tendono a restar fermi sulle idee che si sono formati in gioventù.

La cosa poco equilibrata è che le loro cronologie sulla formazione di Roma si sono basate su dati archeologici disponibili una generazione fa.

Ma alla luce delle nuove evidenze – dei nuovi scavi estensivi ai piedi del Palatino – queste cronologie vanno riviste e le interpretazioni ripensate.

D: Si parla sempre delle virtù dei Romani antichi. Poco dei difetti. È possibile individuare qualche errore di cui noi dovremmo prendere atto per non ricaderci?

R: Tutti gli imperi fanno errori, ma il fatto stesso che esistano vuol dire che ne fanno meno di altre entità organizzative e politiche. Creare un impero non è facile e nemmeno la caduta di quello romano è imputabile a uno sbaglio piuttosto che a un altro. È solo che a un certo punto le cose cominciano a cambiare. Una struttura può reggere bene dentro determinati limiti, anche se dilatati, ma non oltre.

Un impero territoriale come quello romano per durare doveva espandersi, ma date le strutture, i mezzi di comunicazione, l’economia di allora, oltre quei limiti non poteva andare. Poi, ovviamente, ci sono anche altri fattori: le pressioni belliche provenienti dall’esterno o quelle interne, ideologiche e religiose, a partire dal cristianesimo che con i suoi testi sacri ha dissolto una religione politeista senza dogmi.

Il potere romano si basava su Iuppiter, Giove; dal momento in cui la divinità viene messa in discussione ed entra in crisi, tutta l’impalcatura imperiale viene messa in discussione. Al posto di un dio ottimo e massimo che ti sostiene, protegge e legittima, ne subentra un altro con valori opposti, basati sull’amore del prossimo, che intacca i valori tradizionali dell’ordine dirigente. Tutti gli imperi sono come strutture organiche: nascono, crescono e muoiono. […]