Sa Sedda ‘e Sos Carros Dentro lo scavo

Sardegna scavi scoperte serri

Archeologia Viva n. 111 – maggio/giugno 2005
pp. 76-81

di Maria Ausilia Fadda

In Sardegna la solitaria e assolata valle di Lanaitho ha restituito un complesso nuragico di eccezionale qualità architettonica e ingegneristica creato per il culto di un elemento preziosissimo nell’arido ambiente calcareo del Supramonte

La storia di un monumento dedicato alla divinità dell’acqua – danneggiato tempo fa da gente senza scrupoli nelle parti più pregevoli e ora restaurato dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Sassari e Nuoro – è anche la storia di un’esperienza di scavo che ci consente di apprezzare le capacità progettuali degli architetti nuragici.

Siamo in Barbagia, nel territorio di Oliena (il nome di questa cittadina del Nuorese è dovuto agli ampi oliveti, ma non mancano i vigneti dell’ottimo Nepente celebrato da Gabriele D’Annunzio): l’antica, ripidissima carrareccia che porta alla valle di Lanaitho giustifica in pieno il nome del valico, Su Passu Malu, ‘il passo cattivo’, dove uno stretto passaggio costeggia il fiume Cedrino.

In fondo, giù nella gola, sbocca da un profondissimo antro la sorgente carsica di Su Gologone, la più bella e abbondante della Sardegna, mentre al di là strapiombano i monumentali basalti colonnari di Ganagosula che delimitano l’altopiano del Gollei. Poi, svalicato finalmente Su Passu Malu, ecco aprirsi la verde valle di Lanaitho, splendida e solitaria, circondata da bianchissime cime calcaree dell’era mesozoica, le cosiddette Dolomiti della Sardegna, il Supramonte di Oliena.

Qui la tormentata geomorfologia ha creato ambienti favorevoli all’insediamento già dal Paleolitico superiore, com’è stato documentato nella grotta Corbeddu, e successivamente nel villaggio nuragico più spettacolare dell’isola, sulla cima del monte Tiscali.

Sul versante sinistro della valle, a circa 300 metri di altitudine, lungo l’itinerario che porta verso la grotta di Sa Oche, paradiso degli speleologi di tutto il mondo, è stato esplorato il villaggio nuragico di Sa Sedda ‘e Sos Carros (alla lettera ‘il passaggio dei carri’), che nel nome ricorda un’antica economia legata alla selvicoltura e al carbone di legna come integrazione alle risorse della pastorizia.

I primi scavi del 1977, sulle scoscese propaggini del monte Uddè, avevano messo in luce un agglomerato di ambienti circolari che si aprivano su un grande cortile attraversato da un canale per la raccolta delle acque piovane. Si tratta di un’insula abitativa del tipo che ritroviamo in gran parte dei villaggi nuragici del Nuorese, sviluppatisi spesso senza un nuraghe di riferimento. Una scala in lastre di calcare collegava il complesso di capanne con gli ambienti soprastanti. […]