Harkhuf e il pigmeo del faraone Nubia fra Sudan ed Egitto - esclusiva AV

Nubia: i faraoni di Meroe

Archeologia Viva n. 111 – maggio/giugno 2005
pp. 28-43

di Alfredo e Angelo Castiglioni

Un principe esploratore che traccia itinerari impossibili fra Egitto e Nubia e un faraone bambino che a ogni costo vuole il curioso omino promessogli
Infine i fratelli Castiglioni che per anni percorrono il deserto sudanese sulle tracce di un’antica carovana…

Ecco in esclusiva assoluta i risultati di un’indagine straordinaria giocata sulle indicazioni di testi geroglifici e sul terreno di uno dei luoghi più ostili del pianeta

Questo articolo nasce da un suggerimento di Alessandro Roccati, docente di Egittologia all’Università “La Sapienza” di Roma. Gli avevamo mostrato un graffito geroglifico da noi scoperto, nel 1990, con Giancarlo Negro e Luigi Balbo, nei pressi del bir Umm Gat, un antico pozzo nella parte nordorientale del deserto nubiano, lungo un passo obbligato tra i monti che portava all’uadi Allaqi e al Nilo.

La traduzione attribuiva l’iscrizione alla VI dinastia, epoca in cui visse Harkhuf. Questo personaggio, nel resoconto del suo terzo viaggio effettuato per conto del faraone Mernera (2255-2246 a.C.), menziona la «via delle montagne di Irtjet», di cui non si era mai tentata una identificazione topografica. In esclusiva per Archeologia Viva sintetizziamo qui l’esito delle nostre indagini e le scoperte effettuate durante diverse missioni alla ricerca degli itinerari di Harkhuf.

Ansiosa attesa del faraone bambino

 «Hai detto […] che hai portato un pigmeo (deneg nel testo originale) dalla terra degli Abitanti dell’Orizzonte a est […]. Hai detto alla mia Persona che mai ne è stato riportato uno simile da nessun altro che abbia prima percorso Iam […]. Vieni dunque in barca alla Residenza (la reggia del faraone a Menfi), immediatamente. Lascia gli altri e porta con te questo pigmeo, che tu riporti dalla terra degli Abitanti dell’Orizzonte, vivo, sano e salvo, per le danze del dio e per rallegrare il cuore del Re dell’Alto e del Basso Egitto…».

È un passo della missiva che Pepi II (2246-2152 a.C.), successore di Mernera, fece pervenire al principe di Elefantina, Harkhuf, in risposta a un messaggio in cui questi annunciava il suo imminente ritorno con merci di grande valore e, appunto, con un pigmeo.

Veniamo così a sapere che il principe di Elefantina, dopo aver raggiunto, per ordine del suo faraone, la mitica terra di Iam e attraversato uno dei più ostili deserti d’Egitto, stava navigando il Nilo per raggiungere Pepi II nella capitale Menfi.

Le merci che Harkhuf portava in Egitto erano certamente tra le più richieste a corte: «Io discesi con trecento asini carichi d’incenso, ebano, balsamo, cassia, pelli di leopardo, zanne di elefante, bastoni da getto, tutte cose belle e di valore». Ma a Pepi II interessava la sicurezza del pigmeo.

Infatti così prosegue la lettera del faraone: «Se egli (il pigmeo) è con te sulla nave, disponi degli uomini capaci, che stiano attorno a lui ai due fianchi della nave per evitare che cada in acqua. Se dorme la notte, metti degli uomini a dormire intorno a lui nella sua cabina. Fa’ un controllo dieci volte per notte. La mia Persona desidera vedere questo pigmeo più di tutti i prodotti della terra di Punt…».

Si ritiene che Pepi II abbia governato l’Egitto per novantaquattro anni, ma quando egli dettò questa missiva forse ne aveva soltanto nove o dieci. Dalle sue parole traspare infatti l’entusiasmo di un bambino per un dono così raro e straordinario, un vero giocattolo vivente!

Si è discusso se l’eccezionale regalo di Harkhuf per il faraone fosse un pigmeo o un semplice nano. È ormai convinzione diffusa che fosse proprio un pigmeo, sia per motivi linguistici (la parola egizia per definire un “pigmeo” è infatti deneg, mentre un “nano” viene designato col termine nemi), sia perché altrimenti sarebbe poco credibile la felicità del giovanissimo sovrano. Infatti, uomini di statura ridotta c’erano anche in Egitto, come dimostrano gli scavi archeologici e numerose raffigurazioni, ad esempio quelle nella mastaba (tomba) di Mereruka a Saqqara.

La difficile via per raggiungere Iam

La figura di Harkhuf ci ha sempre affascinato: si può ritenere uno dei primi esploratori delle sconfinate regioni desertiche che si estendono a sud della prima cateratta del Nilo. Fu inoltre il primo viaggiatore a fare incidere, sulle pareti della sua tomba a Qubbet el-Harwa, di fronte ad Aswan, la cronaca dei viaggi compiuti per conto di due faraoni, Mernera e Pepi II, sicuramente il più antico resoconto pervenutoci su “paesi lontani”.

Accanto a questa cronaca è riprodotta anche la lettera inviatagli dal faraone. Queste iscrizioni furono decifrate alla fine dell’Ottocento da Ernesto Schiaparelli e poi da altri. Noi abbiamo fatto riferimento alle traduzioni di Alessandro Roccati.

Certamente gli Egizi già conoscevano la terra di Iam. Gli scavi in corso da parte dell’archeologo francese Charles Bonnet hanno riportato alla luce i resti di una città antichissima nel sito di Kerma, che probabilmente corrisponde alla terra di Iam visitata da Harkhuf. […]