Da dove veniamo? Come eravamo? Risposte dal DNA antico Scienze per l'archeologia

Archeologia Viva n. 109 – gennaio/febbraio 2005
pp. 76-79

a cura di Carlo Peretto

C’è un messaggio che viene dal passato e che in parte possiamo decifrare

Ed è quello che ci hanno trasmesso i nostri antenati oggi individuabile “leggendo” i segmenti di DNA conservatisi nei resti umani databili fino a 50 mila anni da oggi

Ognuno di noi ha due genitori, quattro nonni, otto bisnonni. Ciascuno di loro ci ha trasmesso una parte del proprio patrimonio ereditario, cioè del proprio DNA. Assomigliamo ai nostri parenti perché una gran parte del nostro e del loro DNA è identica.

Assomigliamo di meno a persone con cui non siamo imparentati, ancora meno a persone di Paesi lontani, e ancora meno ad altri mammiferi, perché è minore la frazione di DNA che abbiamo in comune.

Dunque, nel DNA di tutti i viventi c’è un messaggio che viene dal passato: un messaggio che, trasmesso dai nostri antenati, possiamo, in parte, decifrare. Gli sviluppi recenti della biologia molecolare ci consentono di aggiungere la dimensione temporale: è oggi possibile, infatti, analizzare il DNA antico (aDNA), cioè il DNA estratto da campioni di antichi esseri viventi.

La ricostruzione dei processi storici ed evoluzionistici avvenuti nel passato si avvale, quindi, anche di un testimone genetico diretto, costituito dal materiale ereditario posseduto dagli organismi quando questi processi avvenivano.

Un problema di base: trovare frammenti utili di DNA antico

Tuttavia, il DNA, come gran parte delle molecole organiche, subisce un processo di degradazione che inizia subito dopo la morte dell’individuo. In particolare, la lunga molecola di DNA (che è costituita essenzialmente da una sequenza lineare di quattro molecole chimiche diverse), si spezza in frammenti sempre più corti, fino a quando non è più possibile determinare l’ordine di questi frammenti (la sequenza del DNA) e quindi l’informazione che il DNA contiene.

Questi processi di degradazione sono influenzati da svariati fattori di tipo ambientale quali la temperatura media del suolo, il valore di acidità, l’umidità e altri. Solitamente, si ritiene che solo in condizioni particolarmente favorevoli, come le basse temperature o la rapida essiccazione del corpo, sia possibile determinare la sequenza di alcuni frammenti di DNA quando i reperti sono molto antichi.

Se, infatti, la caratterizzazione del DNA a partire da reperti museali ben conservati e non più antichi di 100-200 anni non pone difficoltà tecniche insormontabili, assai diverso è il caso dei resti ossei preistorici. In questi campioni il DNA non solo è frammentato, ma anche presente in quantità esigue. […]