Raccolta mercato e tavola: l’antico dei sapori moderni A proposito di...

Archeologia Viva n. 109 – gennaio/febbraio 2005
pp. 68-74

di Mauro Rubini, Gabriella Cetorelli Schivo e Roberto Andreini

La diffusa attrazione dei Romani (ricchi) per il banchetto…

si pone come punto emblematico di arrivo di una storia antica quanto la vita umana dov’è possibile ripercorrere il complesso e contrastato rapporto con una delle nostre necessità primarie

Il comportamento dell’uomo, anche quando è legato ad atti fondamentali della vita biologica, ha sostanzialmente avvertito l’influenza delle “mode”. Persino l’accoppiamento, così determinante nel segmento evolutivo dell’ominazione, è stato condizionato da parametri esterni che ne hanno influenzato le modalità. L’unica manifestazione che non ha mai subito modifiche è rappresentata dal mangiare.

Le modalità, i gesti con cui da sempre portiamo il cibo necessario alla sopravvivenza all’interno del nostro organismo sono rimasti pressoché invariati. Ciò che è cambiato e continuerà a cambiare, semmai, sono gli alimenti e i modi di preparazione degli stessi, legati come sono a molteplici fattori, tra cui sicuramente le mode.

I nostri antenati più remoti per sopravvivere hanno fatto ricorso alla raccolta (soprattutto di bacche e frutti) e alla caccia. La raccolta avveniva secondo criteri precisi, riconducibili a tre punti fondamentali:
a. i vegetali dovevano essere commestibili e digeribili;
b. dovevano avere un potere nutritivo medio alto;
c. soddisfare la palatabilità.

Il primo punto appare ovvio, mentre il secondo e il terzo evidenziano una presa di coscienza alimentare che definiremmo scientifico-applicata.

Questo perché, innanzitutto, gli effetti nutritivi di un cibo si possono apprezzare anche attraverso l’esperienza personale; ossia ci si rende conto abbastanza lucidamente se un determinato alimento ci conferisce un buon apporto energetico.

Il terzo punto, la palatabilità, è un parametro che invece deve soddisfare, appunto, il nostro palato, ovvero il nostro egoistico desiderio di un rapporto diretto con ciò che ci piace. Su questo ovviamente non esistono norme.

Il buono per un neandertaliano era diverso da ciò che poteva piacere a un uomo del Neolitico. Inoltre, allora come oggi, la palatabilità poteva variare da territorio a territorio. Nel cibo esiste, oltre che l’elemento fine a sé stesso utile alla sopravvivenza, un altro fattore da non sottovalutare qual è il piacere di mangiare.

Vediamo ora la caccia: abbiamo lasciato i nostri antenati alle prese con la raccolta di vegetali, ma l’apporto prioritario alla nutrizione era offerto essenzialmente dalla predazione di animali. Anche i prodotti della caccia si legavano a una dimensione voluttuaria. I nostri predecessori scoprirono presto che le carni dei grossi erbivori erano migliori di quelle dei carnivori, dal gusto più ferino. […]