Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 108 – novembre/dicembre 2004

di Piero Pruneti

Ancora un grande personaggio, uno dei massimi, della storia. Ancora un film. Dopo Il Gladiatore, dopo Troy, la produzione cinematografica americana, sensibilissima alle attese del suo pubblico – ammaliato ben più di quello europeo dall’idea dell’impero e delle imprese militari risolutrici – ci propone Alexander. Vedremo com’è.

Non mancherà lo spettacolo; speriamo che non faccia difetto l’attendibilità. Comunque sia è l’occasione per entrare – lo facciamo anche noi su questo numero – nella vita di Alessandro Magno, sentire parlare di Filippo II e dei Macedoni, dei Gran Re persiani, prendere confidenza con nomi e fatti che ormai la maggior parte dei giovani non ama leggere sui manuali. Sappiamo bene che la Storia come disciplina d’insegnamento soffre di una grave crisi di popolarità. E allora ben vengano queste “americanate” – come mio padre, che non amava il genere peplum, chiamava i film dove non affiora l’uomo, ma la sua mistificazione – a fornire stimoli di curiosità e voglia di parlarne a milioni di persone per le quali lo studio della Storia coincide con il momento dello sbadiglio. Tempo fa davanti a un bar di Palermo sono rimasto sorpreso a sentire un gruppo di giovani, ognuno seduto sul proprio scooter, parlare animatamente di Ettore, Achille, Menelao (pronunciato «Menalao»…): nomi chiaramente rifiutati a scuola e scoperti al cinema… Dunque, ponti d’oro al peplum, e anche alle “americanate”, se possono servire per una chiacchierata fra amici che non riguardi il solito calcio, e magari a non scartare a prima vista un articolo sull’Iliade.

Non manca il rovescio della medaglia, che è la banalizzazione del mito, quell’ideologia in cui è facile cadere – è cronaca dei tempi correnti – del bene che alla fine vince sempre (grazie a una terribile guerra giusta), del buono che inesorabilmente sconfigge il cattivo (in un duello mortale), della giustizia fai-da-te (molto più efficace di quella pubblica), dell’eroe (violento) che risolve tutto. Forse in Europa ci metteremmo meno retorica e un po’ di ironia, che non guasta mai, ma abbiamo smesso da tempo di fare film colossali, costano troppo. E allora questo infantilismo del cinema americano, che un po’ ci fa sorridere e un po’ ci inquieta, è il prezzo da pagare – in piena coscienza – a una superiorità economica che ci propone una dietro l’altra le sue scintillanti confezioni.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”