Novalesa: vita millenaria di un’abbazia di confine Futuro del passato

Archeologia Viva n. 107 – settembre/ottobre 2004
pp. 88-91

di Fabrizio Paolucci

Nell’aspro paesaggio delle Alpi piemontesi l’antico monastero benedettino sulla via del Moncenisio riassume la vicenda storica delle prime abbazie sorte nell’Alto Medioevo con finalità ben più complesse della sola vita spirituale

Nei turbolenti secoli dell’Alto Medioevo i monasteri e le abbazie non furono solo luoghi di meditazione e preghiera. Questi complessi, talora vasti e articolati come veri e propri centri urbani, erano i motori economici di intere regioni. Grazie all’azione e al coordinamento dei religiosi nuove aree erano disboscate, bonificate e restituite a un’agricoltura intensiva, favorendo il ripopolamento di territori rimasti desolati per secoli.

Al pari del lavoro manuale, l’approfondimento spirituale e l’esegesi dei testi cristiani impegnavano le giornate dei monaci che, peraltro, non disdegnavano di copiare e preservare i capolavori della letteratura e del pensiero classico. Non è, infine, da sottovalutare il ruolo politico e di controllo territoriale svolto da queste comunità religiose. Le abbazie assolvevano anche al compito di mantenere in efficienza strade e passi montani, apprestando luoghi di sosta lungo le principali vie di pellegrinaggio e commercio.

Ecco dunque il proliferare, fra VII e VIII secolo, di monasteri di fondazione regia, promossi, cioè, da dinastie come la merovingia, la visigota o la longobarda, eredi di quei regni romano-barbarici che si erano spartiti le spoglie dell’impero romano. Non è un caso che la creazione di abbazie direttamente dipendenti dall’autorità regia si concentrasse lungo le aree di confine, dove i monasteri, oltre ad assicurare il controllo di territori spesso oggetto di dispute, divenivano vere e proprie “vetrine” della ricchezza e della potenza della dinastia che ne aveva promosso l’edificazione. […]