Cornelio Gallo: il poeta ritrovato Personaggi

Archeologia Viva n. 107 – settembre/ottobre 2004
pp. 86-87

di Fabrizio Paolucci

Un papiro rinvenuto ventisei anni fa a Qasr Ibrîm in Egitto conserva alcuni versi del famoso e sfortunato autore di età augustea della cui opera quasi niente ci è pervenuto

Della letteratura classica, sia greca che latina, ci è giunto quanto i monaci medievali hanno ritenuto degno di essere copiato. Tutto quello che, invece, fu ritenuto superfluo, non educativo o, semplicemente, non rispondente ai loro gusti fu condannato all’oblio. Per limitarsi alla letteratura latina, è così che molti autori, celebrati nel mondo antico, sono, per noi, soltanto dei nomi, ai quali non è possibile ricondurre che pochi versi, spesso citati da altri autori che hanno goduto di maggiore fortuna nella tradizione manoscritta. Da queste citazioni sparse possiamo conoscere l’opera di poeti arcaici come Nevio o Ennio, o, ancora, indovinare l’esistenza di una letteratura romanzesca, quasi interamente perduta a eccezione del celeberrimo e affascinante frammento del Satyricon di Petronio Arbitro.

Gli studiosi sono concordi nel lamentare, fra le perdite più gravi, la scomparsa dell’opera di Gaio Cornelio Gallo. Il profondo legame di questo poeta con Virgilio, che in ben due egloghe (la sesta e la decima) non esita a esaltare l’arte dell’amico, e i giudizi entusiastici che di lui dettero Ovidio e Quintiliano non hanno mai lasciato spazio a dubbi sull’importanza di una figura alla cui paternità, per molto tempo, è stato possibile ricondurre solo qualche verso. […]