Cremazione nel mondo antico A proposito di...

Archeologia Viva n. 105 – maggio/giugno 2004
p. 79

di Nicoletta Onisto

Gli antichi procedimenti non portavano alla incinerazione completa dei cadaveri per cui i resti delle cremazioni restituiti dagli scavi archeologici costituiscono una fonte preziosa d’informazioni sui nostri antenati

Per cremazione si intendono la combustione e la successiva riduzione in frammenti e polvere del corpo umano. Tuttavia l’incinerazione dei cadaveri, quale s’intende oggi sotto questo nome e come viene effettuata nei crematori moderni, nulla ha in comune con quella praticata nell’antichità, che sussiste ancora presso alcuni popoli orientali.

È importante specificare subito che, anche se si parla comunemente di “ceneri”, il risultato finale delle antiche cremazioni è rappresentato da un insieme di frammenti che corrisponde a circa il cinquanta per cento del peso dell’intero scheletro secco. Da questi piccoli frammenti di ossa, che venivano conservati in urne o in altri contenitori, oppure disposti direttamente sul terreno (detto ustrino), è possibile a volte riconoscere qual è l’osso a cui appartenevano.

Le indagini archeologiche suggeriscono che il rito della cremazione sia apparso in Europa alla fine del Neolitico (VI-IV millennio a.C.) in aree geografiche diverse, come la Bretagna, il Belgio, la Boemia, la Moravia e la Romania, affermandosi poi durante le età del Bronzo (II millennio a.C.) e del Ferro (I millennio a.C.). In alcune culture questo rito è unico o prevalente, in altre lo ritroviamo invece congiunto all’inumazione in uno stesso sito e nella medesima epoca. Diffusa anche nel mondo etrusco, ellenico e romano, l’incinerazione venne poi progressivamente abbandonata con il propagarsi del cristianesimo. […]