Vitrum, l’antica arte del vetro Scienza e tecnica nell'antichità

Archeologia Viva n. 105 – maggio/giugno 2004
pp. 20-32

di Fabrizio Paolucci

Una suggestiva mostra a Palazzo Pitti ricostruisce la storia di questo materiale il cui impatto nella vita quotidiana può essere paragonato solo a quello della plastica

Nato dalla sabbia il vetro non fu solo amato per la praticità e la bellezza ma con le sue proprietà influenzò il pensiero filosofico e la ricerca scientifica del mondo antico

«I nostri ospiti ci facevano bere del vino puro in coppe di vetro e d’oro» (Acarnesi vv. 72-74). Con queste parole il celebre commediografo ateniese Aristofane (450 circa – 388 a.C.) fa rievocare a un personaggio di ritorno da Ecbatana, l’attuale Hamadam, capitale della Media e residenza estiva dei re persiani, lo sfarzo barbarico della corte achemenide.

Agli occhi di uno spettatore ellenico della fine del V sec. a.C. ben poche altre immagini avrebbero restituito l’idea di un lusso sfrenato, più del bere vino non annacquato – come era invece la regola nel mondo greco – in contenitori così pregiati, come quelli di vetro e d’oro.

Quasi otto secoli dopo, presso un’altra corte imperiale, quella del romano Gallieno (259-268 d.C.), il vetro era invece bandito dalla mensa del sovrano, poiché considerato materiale fra i più vili e comuni. Queste due notizie riassumono in modo efficace la parabola della fortuna del vetro che, da materiale pregiatissimo, appannaggio delle mense reali, finì poi sulle tavole più modeste per gli usi quotidiani. […]