Con i Lettori Editoriale

Archeologia Viva n. 105 – maggio/giugno 2004

di Piero Pruneti

Ci giunge dal Sud una delle risposte più concrete a chi ritiene che sia giusto vendere – ma leggiamo pure “svendere” o, più elegantemente, “cartolarizzare” – il patrimonio culturale “improduttivo”. Ci giunge da Pozzuoli, da una delle aree più disastrate d’Italia a livello urbanistico.

Pozzuoli che, come tutta la regione flegrea, sta ritrovando nel recupero della memoria, la sua dignità e, insieme, una prospettiva economica di alto profilo. Un intero quartiere, lo storico Rione Terra, fatiscente da decenni, viene recuperato a partire dal sottosuolo romano.

Come i lettori potranno leggere nell’articolo che dedichiamo a questa singolare vicenda, la parte alta di Pozzuoli, quella che sovrasta il porto dall’alto del promontorio, corrisponde alla Puteoli romana, rimasta praticamente inalterata fino al Cinquecento, quando fu sconvolta da una crisi tellurica. Su queste rovine gli spagnoli innalzarono un nuovo quartiere, colmando prima tutta l’area con diversi metri di detriti degli alzati distrutti e al tempo stesso sigillando la città romana.

Grosso modo, in scala minore, si ripeté qui per mano dell’uomo quello che era successo a Pompei a opera della cenere e dei lapilli. A sua volta il nuovo Rione Terra si è andato spopolando nel corso del Novecento fino all’abbandono definitivo.

Gli interventi in corso fanno onore alla progettualità italiana in materia di recupero urbanistico e monumentale. Con attenti criteri filologici vengono restaurati gli edifici seicenteschi, mentre al di sotto gli archeologi hanno scavato e recuperato strade, piani bassi e scantinati del quartiere romano, dove ora è possibile passeggiare e sostare come trascinati da una macchina del tempo che di colpo ci porta dal suolo attuale a duemila anni di distanza.

È vero che, perché l’ambizioso progetto si compia, mentre i turisti andranno alla scoperta di un brano significativo della romanità, i puteolani di oggi dovranno tornare ad abitare il Rione Terra facendone di nuovo un quartiere dalla vivace vita quotidiana.

La semplice musealizzazione non giustificherebbe un impegno di forze come quello che è stato dispiegato sul promontorio di Pozzuoli da enti locali e soprintendenze e, alla fine, porterebbe acqua al mulino di chi avrebbe voluto buttare giù tutto – proprio come già una volta fecero gli spagnoli – per costruire villette o alti condomini con vista. Proteggiamo il felice esito di una storia italiana che non si è ripetuta.

Piero Pruneti
direttore di “Archeologia Viva”