Otzi aveva ucciso ma… Nuovi dati sulla sua fine Obiettivo su...

Archeologia Viva n. 102 – novembre/dicembre 2003
pp. 86-89

di Raffaele Carlo de Marinis e Umberto Tecchiati

Recenti indagini sul pugnale su una freccia e sulla giacca di pelle di Ötzi indicano la presenza di Dna mitocondriale appartenente a quattro diversi esseri umani e a questo punto cade definitivamente l’immagine di un uomo tranquillo dedito alla caccia o alla pastorizia
Ma – anziché essere risolti – aumentano i molti dubbi sulle ultime ore di vita dell’Uomo venuto dal ghiaccio

Nel pieno dell’estate tornano puntuali gli scoop sull’uomo del Similaun. L’11 agosto scorso il Museo archeologico dell’Alto Adige di Bolzano ha comunicato i risultati delle indagini condotte da Thomas H. Loy, direttore del Research Associate Institute for Molecular Bioscience, University of Queensland, (Brisbane, Australia), su alcune tracce di sangue, che erano già state osservate in precedenza su alcuni oggetti e su un capo di vestiario appartenuti a Ötzi. Loy è uno specialista del Dna, nonché delle analisi delle tracce d’uso e dei residui di ogni genere rimasti aderenti, sotto forma di microscopiche macchie o incrostazioni, ai manufatti preistorici. Aveva già sottoposto ad accurate indagini i resti dell’equipaggiamento di Ötzi nel 1994, quando ancora – dopo la scoperta avvenuta nel 1991 sul ghiacciaio del Similaun – si trovavano a Mainz, in Germania, presso il laboratorio di restauro del Römisch-Germanisches Zentralmuseum, compiendo importanti scoperte.

Particolare interesse aveva destato, in quell’occasione, il rinvenimento di tracce di sangue, collagene (sostanza del tessuto connettivo fibroso specialmente in cartilagini e ossa), tessuti animali, fibre di cellulosa e grani di amido sulla superficie della lama in rame dell’ascia, e di più abbondanti tracce di sangue, oltre che collagene e tessuto muscolare striato, sul pugnale con lama in selce e manico in legno di frassino. Altrettanto importanti furono i risultati delle analisi condotte sulle uniche due frecce rinvenute complete di cuspide di selce e di impennaggio. In una di queste la reazione al test delle proteine del sangue risultò positiva fino a trenta centimetri dalla punta, quindi la freccia era penetrata profondamente nel corpo – si pensò allora – di un animale di grossa taglia colpito in una azione di caccia. Mentre la presenza contemporanea di sangue e di collagene sull’ascia e sul pugnale aveva fatto pensare a un loro uso per macellare l’animale stesso. Anche l’arco in legno di tasso aveva reagito positivamente al test delle proteine del sangue: l’arco era stato spalmato con sangue, che una volta seccato, svolge una funzione idrorepellente e protettiva per il legno. Tracce di sporco (grasso e secrezioni) furono osservate sul lato interno della “giacca” di pelliccia di Ötzi. […]